Home Ambasciatori 2023 Come si può diventare astronomi senza poter guardare il cielo?

Come si può diventare astronomi senza poter guardare il cielo?

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Per scoprirlo bisogna fare un passo indietro e partire dalla definizione di suono.
Il suono è un fenomeno generato dalla vibrazione di un corpo che, oscillando nell’aria, produce delle onde che raggiungono l’apparato uditivo permettendo al cervello di percepire tali impulsi come una sensazione sonora.
Questa cosa Wanda Diaz Merced la sa bene: fin da piccola, sulle coste della sua isola natale di Puerto Rico aveva il sogno di diventare un’astronoma, con il tempo, però le si abbassò la vista tanto che a soli 20 anni rimase completamente cieca, iniziando a perdere le speranze per realizzare il suo sogno. Nel 2005, però, fece domanda per partecipare ad uno stage offerto dalla Nasa rivolto a persone con disabilità. L’Agenzia Spaziale Americana, infatti, propose tale percorso per esplorare nuovi modi di rendere le ricerche astronomiche più inclusive trasformando le immagini in qualcosa di fruibile anche per le persone che non possono vederle.
Così Wanda, attraverso il suo percorso nella Nasa iniziò a trasformare i segnali visibili e quelli invisibili (raggi X, onde gravitazionali) in elementi udibili: ogni stella di neutroni, avendo un suo periodo di rotazione intorno al proprio asse, canta la sua musica.
Ma cosa si intende per “cantare la propria musica” o “rendere udibili le stelle”?
Per ciascun elemento fotografico relativo alle stelle, come ad esempio la luminosità e la posizione di esse, vengono assegnati dei toni e volumi. Inoltre, per far sì che le stelle possano essere sonificate e quindi ascoltate vengono utilizzati degli strumenti che passano al setaccio gli scatti andando da sinistra verso destra. Questo tipo di traduzione sonora permette sia agli scienziati che al pubblico di “ascoltare” le immagini astronomiche ed esplorare i loro dati, rivelando molto di più sul nostro universo.
Wanda essendo non vedente ha dovuto trovare una soluzione “alternativa” per poter vedere le stelle e realizzare il suo sogno, attivando un processo di compensazione sensoriale-percettivo. Tale processo neurologico viene chiamato sinestesia e si realizza quando determinati stimoli evocano sensazioni di natura diversa da quella normalmente sperimentata: come ad esempio, “vedere” un suono o “sentire” un colore o un’immagine.
La prima volta che Wanda vide una stella fu quando i suoi genitori la portarono a pescare: quella sera una stella cadente illuminò il cielo. Non riusciva a smettere di guardare il alto, nonostante il padre le dicesse che era solo una pietra caduta dal cielo.
La sua curiosità, però, le impedì di credergli tanto che da quel momento si interessò molto a questo “mondo” e ne fece il suo sogno più grande. Crescendo e studiando apprese, infatti, che le stelle sono corpi celesti dotati di luce propria che nascono all’interno di enormi nubi formate da gas e polveri dette nebulose. Tra gas e polveri agiscono forze di attrazione gravitazionali che fanno sì che la materia si addensi e divenga sempre più calda, formando una protostella. Quando la temperatura raggiunge i 10 milioni di gradi nasce la stella. La vita di una stella dipende dalla sua massa iniziale: se la massa è piccola la stella rimane meno calda e vive più a lungo; se la massa è grande diventa più calda e consuma l’idrogeno più rapidamente. Questa reazione continua finché non finisce l’idrogeno che quindi si trasforma in gigante rossa e infine in nana bianca.
Wanda, però, non è l’unica ad ammirare le stelle. L’uomo, infatti, fin dall’antichità era affascinato dal cielo e tutto ciò che lo formava (tuoni, fulmini..): credeva che le stelle fossero collegate agli dei e venivano utilizzate per orientarsi.
La civiltà preistorica era così affascinata dalle costellazioni da costruire e dedicare loro veri e propri monumenti, che ad oggi sono i più famosi siti archeologici del mondo. Uno tra questi è Stonehenge costruito alla fine del neolitico intorno al 3100 a.C in Inghilterra e composto da un insieme circolare di giganti pietre verticali, sormontate da consistenti architravi orizzontali, i dolmen, e da pietre conficcate nel terreno, i menhir. Secondo vari studi effettuati nel tempo, Stonehenge era un osservatorio astronomico, costituito appunto da pietre enormi, e veniva utilizzato per vedere le stelle. Tuttavia, nel tempo si sono susseguiti altri studi che affiancano alla funzione di osservatorio, quella di vero e proprio calendario: infatti, molti dichiarano che questo monumento sia in grado di calcolare anche i solstizi e le eclissi.
Questa ammirazione per le stelle e le costellazioni continua anche nei giorni nostri, tanto che nel tempo sono state fonte di ispirazione di molti artisti e letterati italiani.
Tra i più famosi ricordiamo Dante che, alla fine di ogni cantica della Divina Commedia, si riferisce alle stelle e Giovanni Pascoli che scrisse una poesia intitolata “X Agosto”. Questo componimento, in particolare, è una lirica scritta per ricordare il padre Ruggero assassinato proprio quel giorno nel 1867. La poesia esprime in modo intenso il dolore dell’autore per la perdita del padre che viene descritto attraverso riferimenti al cielo ed alle stelle cadenti. Infatti, l’autore paragona le stelle che cadono nella notte di San Lorenzo ad un pianto del cielo che soffre della malvagità umana.

Autore: Marchionne Arianna, IIIA Scienze Umane, Liceo Marconi, Pescara

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