L’OMBRA NELLA COLTRE DI NUVOLE
Viandante sopra il mare di nebbia, Caspar David Friedrich
“Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella ‘zona grigia’ in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.” Rita Levi Montalcini
È un fuoco che arde dentro l’animo umano, la volontà di conoscere, di svelare il sottile e fragile velo che cela tutto ciò che ci circonda, che ci sovrasta, ci lega indissolubilmente all’errato gesto di non addentrarsi nei meandri oscuri della realtà.
L’uomo, come un viandante sopra un mare di nebbia, deve coltivare in sé il coraggio; l’audacia
di non fermarsi all’apparenza; immergersi, addentrarsi nel grigiore che lo avvolge e trovare l’infinito, quell’immensità che ha i colori della verità, della pura e incontaminata conoscenza.
Illuminiamoci di immenso. Di una luce fioca ma così potente ed intensa che permetta l’uomo di scorgere l’incommensurabile grandezza del creato.
Affascinanti scoperte scientifiche sconcertarono l’animo umano nel corso del diciannovesimo secolo, rivoluzionando, in modo indelebile, tutte le leggi che avevano da sempre governato l’universo.
Non solo quell’universo ammirabile dalla lente di un telescopio, ma anche inteso come essenza più profonda della nostra esistenza.
Si andò in quegli anni a delineare un legame destinato a divenire inscindibile tra scienza e coscienza.
Furono delle scoperte che misero inevitabilmente in crisi la fiducia positivistica nella possibilità di una conoscenza oggettiva della realtà e dei suoi fenomeni.
La scienza si interrogò sui suoi fondamenti riuscendo ad elaborare teorie che sottolineassero il carattere relativo di ogni singola esperienza portando alla crisi di ogni certezza e diffondendo, inesorabilmente, esitazione e smarrimento.
“Sublime è il senso di sgomento che l’uomo prova di fronte alla grandezza della natura sia nell’aspetto pacifico, sia ancor più, nel momento della sua terribile rappresentazione, quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza, ma, al tempo stesso, proprio perché cosciente di questo, intuisce l’infinito e si rende conto che l’anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi.” I. Kant
Come la poesia era per Charles Baudelaire l’unica arte capace di cogliere il mistero che si cela dietro le apparenze di svelare la fitta rete di simboli che legano indissolubilmente i diversi aspetti della realtà con la soggettività e l’interiorità dell’uomo, cosi per Galileo Galilei nella natura e nell’intero universo era scritta la filosofia, la scienza… un qualcosa che “ non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, né quali è scritto.”
L’animo umano, spesso immerso e smarrito nella più profonda solitudine ,nel contemplare l’insostenibile e quanto insidiosa leggerezza della natura, deve redimere quella concezione di scienza vista come pura conoscenza oggettiva ed ascoltare il muto sospiro di tutte le piccole cose che ci circondano trovandone una corrispondenza puramente matematica.
Non esitiamo dunque, esistiamo.. per rendere unico ogni giorno della nostra vita, perdendoci ma ritrovandoci in quella vastità tutta da conoscere, da rivelare.
Fin dove la scienza, vista nella sua piu profonda oggettività, potrà dar forza e sostegno alla caducità umana nei confronti della natura che ci circonda?
Mariagrazia Ragni