L’Italia è un paese di circa 60 milioni di abitanti e ci sono circa 3 milioni di disoccupati. Tre milioni di persone, di cui la maggior parte sono giovani laureati o diplomati.
In Italia sono 600 mila i ragazzi che hanno terminato gli studi e che non lavorano. Un talento sprecato visto che i laureati nel nostro paese sono il 21% degli italiani, una percentuale che sembra alta ma in realtà sono circa 12’600’000 laureati, una percentuale bassissima rispetto agli altri paesi. Ma perché?
Secondo una statistica, dei pochi iscritti all’università, solo 36 persone su 100 studiano seriamente, raggiungendo il loro obiettivo.
Questi futuri laureati pensano che la laurea sia il loro lasciapassare verso il mondo del lavoro.
Ma questo loro traguardo offre veramente loro questa possibilità?
Arriva il grande giorno: il giorno della laurea!
Pieni di speranza, iniziano a scrivere i loro primi curriculum vitae e li spediscono a diverse ditte interessate, indicando il loro ramo di qualificazione e le loro esperienze.
Alla fine, arriva il primo colloquio di lavoro e rispondono con determinazione a tutte le domande.
Ritornano a casa e guardano con insistenza il telefono o l’email.
Ma dopo giorni e giorni passati ad aspettare la chiamata decisiva, rimangono a mani vuote, senza una risposta.
Così scoprono che non hanno avuto il posto di lavoro.
Finiti ormai gli studi e privi di lavoro, alcuni decidono di rimanere a casa dei genitori, impegnandosi nella loro ricerca, o di continuare a cercare nuovi sbocchi all’estero.
Ma, questi ragazzi desiderosi di immergersi nel mondo del lavoro, è giusto lasciarli vagare per le ditte senza successo?
Alcuni di questi sono persino disposti a lavorare non per denaro ma per accrescere la loro esperienza, pur di non rimanere a casa come nullafacenti.
Ma è giusto? Forse sì, ma è un problema economico.
Questi lavoratori gratuiti in questo modo non ricevono uno stipendio mensile o settimanale, ma solo formazione (non sempre).
È una via che i giovani laureati cercano di evitare, perché non vogliono essere sfruttati per ciò che hanno studiato.
Infatti preferiscono alcuni rimanere disoccupati, pur di non essere trattati come merce da sfruttare; perché sarebbe come andare contro la loro dignità.
Ma anche se fosse, questa formazione gratuita potrebbe essere loro utile in futuro, perché è pur sempre un’esperienza lavorativa.
Comunque sia, questo è uno dei dilemmi più discussi tra questi dottori disoccupati: “è meglio che io rimanga disoccupato o che lavori gratis per qualcuno?”
Non c’è una risposta esatta per questo quesito: ogni persona la pensa diversamente.
Qualcuno pensa che lavorare gratuitamente con una persona ricca di esperienza sia un bene per il futuro; altri pensano che sia meglio essere disoccupati pur di non essere sfruttati.
E’ bene, quindi, che ognuno compia la propria scelta in modo autonomo e consapevole.