Lutero, quando decide di tradurre la Bibbia, utilizza un approccio assolutamente filologico e perciò perfettamente coerente con la mentalità del suo tempo. Il suo obbiettivo era quello di dare vita ad un testo che rispecchiasse l’anima del popolo a cui era rivolto, attingendo da fonti quanto più vicine a quelle originali. Quindi il suo lavoro parte dalla versione greca dei Settanta e da quella ebraica di Erasmo da Rotterdam per quanto riguarda il Nuovo Testamento, mentre per l’Antico usò quella di Soncino e l’edizione ebraica del Forben per i Salmi. In merito al linguaggio usato, Lutero adottò una combinazione di varie parlate della Germania: la lingua della cancelleria sassone e quella boemo-lussemburghese insieme a quella della gente comune che circolava nelle strade e nelle case dei più umili. Infatti nella sua opera Sendbrief vom Dolmetschen del 1530 scrive quanto segue: “ (…) denn man muss nicht die Buchstaben in der lateinischen Sprache fragen, wie man soll Deutsch reden, wie diese Esel tun, sondern man muss die Mutter im Hause, die Kinder auf der Gassen, den gemeinen Mann auf dem Markt drum fragen und denselbigen auf das Maul sehen, wie sie reden”, ovvero: “(…) non si deve domandare come la lettera latina debba essere detta in tedesco… ma si deve interrogare la madre in casa, i bambini per istrada, l’uomo del popolo sul mercato, e si deve guardare in bocca come parlano”.
Caratteristica fondamentale della teologia di Lutero, e quindi di ciò che sarà poi il luteranesimo, è la separazione tra tradizione e interpretazione della Scrittura, invece legate e indispensabili l’una all’altra nel cattolicesimo, così come una posizione di distacco dalla Chiesa di Roma. Se prendiamo ad esempio Matteo 16,18, possiamo notare questa situazione. Il testo greco fa: “κἀγὼ δέ σοι λέγω ὅτι σὺ εἶ Πέτρος, καὶ ἐπὶ ταύτῃ τῇ πέτρᾳ οἰκοδομήσω μου τὴν ἐκκλησίαν, καὶ πύλαι ᾅδου οὐ κατισχύσουσιν αὐτῆς”, cioè: “e io ti dico che tu sei Pietro e sopra questa roccia edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno su di lei”. Lutero traduce fedelmente così: “Und ich sage dir auch: Du bist Petrus, und auf diesen Felsen will ich meine Gemeinde bauen, und die Pforten der Hölle sollen sie nicht überwältigen” (e io dico a te: tu sei Pietro e su queste pietre costruirò la mia Chiesa\ comunità e le porte dell’inferno non prevarranno su di lei). La parola Gemeinde (=popolo dei fedeli, comunità) è molto vicina alla parola ekklēsia (=assemblea) come accezione che non è quella precisa di “Chiesa”, che vediamo invece nei testi cattolici. Lutero vuole staccarsi dalla tradizione che nella Chiesa cattolica aveva assunto più autorità della Bibbia, esplicitando il concetto di sola scriptura per cui la Scrittura è ispirata da Dio e non deve avere interpretazioni se non quelle dettate dallo Spirito Santo al singolo fedele. Se confrontiamo il testo cattolico con quello protestante notiamo subito che non si parla generalmente di assemblea di fedeli ma di Chiesa e che le porte degli inferi sono interpretate come potenze degli inferi. Tutto ciò conseguentemente al discorso di tradizione e interpretazione che il cattolicesimo contempla diversamente. Infatti Lutero scrive Pforten der Hölle (= porte dell’Inferno), traduzione ancora in utilizzo dai protestanti, mentre il tedesco cattolico dice Mächte der Unterwelt (= potenze dell’Inferno).
Lutero critica le indulgenze, l’autorità papale, la transustanziazione, l’immacolata concezione e le preghiere ai Santi e alla Madonna, perché frutto della tradizione che allontanano dalla verità della fede, e non è un caso che parta dalla traduzione dei testi sacri, unico fondamento della religione perché incontestabile Parola di Dio. Se il suo è dunque un approccio filologico pressoché scientifico, e se anche il cattolicesimo si basa su uno studio scientifico delle Scritture – cosicché abbiamo due apparenti posizioni salde –, com’è possibile che l’unica verità ricercata appaia così differente? Fino a che punto è possibile indagare e conoscere la Parola di Dio oggettivamente e scientificamente?