Nel mondo la ricchezza è distribuita in modo ineguale, c’è un grosso divario tra ricchi e poveri. Infatti, se da una parte troviamo le nazioni più evolute e benestanti, che godono di un tenore di vita alto, dall’altra parte abbiamo i paesi più poveri, privi di risorse, e in continua ricerca di soddisfare i propri bisogni primari.
Probabilmente questa disparità si è accentuata, con il passare del tempo, a causa della sempre maggiore importanza che l’uomo attribuisce al denaro, e al fatto che esso sia diventato indispensabile nella nostra attuale società.
Ciò ha portato non solo a creare un dislivello economico sempre più grande, ma di conseguenza a far rimanere le popolazioni più povere arretrate industrialmente e tecnologicamente, distanti anni luce dalle società più evolute, come la nostra. Attualmente, secondo alcune indagini eseguite dalla confederazione internazionale “Oxfam”, l’82% dell’incremento di ricchezza globale registrato l’anno scorso è finto nelle cassaforti dell’ 1% più ricco della popolazione, mentre la metà più povera del mondo (3,7 miliardi di persone) ha avuto lo 0%. A questo punto viene spontaneo chiedersi, cosa possiamo fare per attenuare questa disuguaglianza e soprattutto per soddisfare i bisogni di quelle popolazioni che non possono permetterselo? La prima idea che mi viene in mente è quella di tutelare le persone economicamente più sfortunate, rispettando e proteggendo i loro diritti, anche nell’ambito del lavoro. Inoltre, le nazioni più benestanti potrebbero offrire risorse economiche che permetterebbero a questi paesi di intraprendere un cammino individuale, basato sul lavoro e che possa assicurare alle persone una vita dignitosa.
Laura Triso