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L’EVOLUZIONE DEL PENSIERO ATOMICO

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Fin dall’antichità gli studiosi e i filosofi si sono sempre chiesti da cosa fosse composta la materia, e vi erano due principali teorie: secondo una la materia era divisibile all’infinito, mentre stando all’altra erano presenti delle minuscole particelle che costituivano ogni cosa. Il più grande esponente di questa seconda teoria fu il filosofo greco Democrito. Egli credeva che alla base della materia si trovassero gli atomi e il vuoto e che, in base all’ordine in cui si disponevano componevano i diversi tipi di materia. Questa innovativa teoria venne, però, dimenticata per circa duemila anni, fino a quando agli inizi del ‘800 lo scienziato inglese J. Dalton formulò la prima teoria atomica vera e propria. Egli, aggiunse alle leggi fondamentali della chimica a quel tempo note (la legge della conservazione della massa e la legge delle proporzioni definite), quella da lui stesso formulata (la legge delle proporzioni multiple) e arrivò alla stessa conclusione di Democrito: la materia è discontinua e formata da particelle. Sulla base di queste tre leggi Dalton elaborò nel 1803 la prima teoria atomica della materia:

  • La materia non è continua, ma bensì composta da particelle che non possono essere  ulteriormente divise né trasformate: gli atomi.
  • Gli atomi di un particolare elemento sono tutti uguali tra loro e hanno la  stessa massa.
  • Gli atomi di elementi diversi hanno proprietà e massa differenti.
  • In una reazione chimica tra due o più elementi gli atomi rimangono intatti e si combinano secondo rapporti definiti dando luogo a composti.

Non tardarono ad arrivare nuove teorie atomiche, che abbandonarono l’idea di indivisibilità di Dalton. Il primo a ipotizzare che l’atomo era formato da particelle più piccole fu il fisico J. J. Thompson, il quale scoprì che i raggi raggi catodici sono particelle di carica negativa.  Gli atomi si comportano come particelle neutre, per cui la presenza di particelle dotate di carica negativa può essere spiegata solamente ipotizzando che esistano nell’atomo anche particelle positive. La sua teoria atomica teorizzava che l’atomo fosse una sfera di carica positiva, con “attaccate” particelle più piccole di carica negativa. Il modello atomico di Thompson prese il nome di modello atomico a “panettone”, dato che le particelle negative rispetto alla parte positiva erano come i canditi per il panettone.

Il fisico neozelandese E. Rutherford elaborò una successiva teoria atomica, che corresse quella di Thompson. Rutherford fece un esperimento in cui una sottilissima lamina d’oro veniva attraversata dai ragga alfa emessi da un materiale radioattivo. La maggio parte dei  raggi attraversò senza problemi la lamina, mentre una minima parte venne deviata o addirittura respinta. Questo fece capire a Rutherford che gli atomi sono formati per la gran parte da vuoto, ma è presente un nucleo solido, circa 10000 volte più piccolo dell’atomo stesso. Egli propose perciò il modello atomico planetario, simile al sistema solare: un nucleo denso con carica elettrica positiva, attorno al quale ruotano, come i pianeti intorno al Sole, gli elettroni, particelle dotate di carica negativa in orbite circolari.

Il modello atomico di Rutherford non teneva in considerazione il principio della fisica classica secondo cui “Una particella carica perde continuamente energia durante il movimento“. Basandoci questo principio l’elettrone avrebbe dovuto perdere sempre più energia avvicinandosi al nucleo fino a colpirlo e causare così la distruzione della materia, cosa ovviamente non accettabile.

Un fotone che viene assorbito da un atomo cede tutta la sua energia a uno dei suoi elettroni che passa così a uno stato energetici più alto, diventando quindi anche più instabile.
Per risolvere questo problema bisognò aspettare la teoria atomica del fisico danese Bohr, il quale affermò che:

  • L’elettrone percorre soltanto determinate orbite circolari, chiamate orbite stazionarie e non emette né perde energia e di conseguenza è stabile.
  • L’elettrone riesce a percorrere solo alcune orbite, a cui corrispondono determinati valori di energia: l’energia quantizzata. Quest’ultima aumenta all’aumentare dell’ampiezza dell’orbita poiché l’energia aumenta anche all’aumentare della distanza dal nucleo.
  • L’elettrone assorbe energia per passare a un livello energetico maggiore.
  • Per passare invece da un livello energetico maggiore a uno minore l’elettrone emette radiazioni elettromagnetiche.
  • L’energia delle radiazioni elettromagnetiche emesse corrispondo alla differenza di energia tra le due orbite.

Si è arrivati successivamente al modello atomico di Schrödinger, che conferma la teoria quantistica di Bohr, migliorandola con l’introduzione dei numeri quantici, in grado di fornire informazioni riguardo l’elettrone.  Schrödinger, inoltre, definisce l’elettrone come un’onda, della quale non si può conoscere l’esatta posizione.

Michele Spazzini

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