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IKEBIRI

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Se parliamo dell’immigrazione spesso ci viene in mente quella causata dalle guerre o una in cui si va alla ricerca di fortuna all’estero come avviene nel nostro territorio con la fuga di cervelli.
Ma oltre a questi 2 motivi ce n’è sono molti altri, tra cui ce n’è uno causato da noi.
Oggi giorno nei paesi così detti “sviluppati” si ha la necessità di mantenere o migliorare la qualità della nostra vita, questo però porta alla necessità di produrre sempre di più e con l’aumentare della richiesta abbiamo bisogno di  un sempre maggior numero di materie prime.
Ma queste per la maggior parte delle volte vengono estratte non nei nostri territori ma in zone meno sviluppate come l’Africa.
In certi casi si arriva anche a distruggere interi territori, spesso popolati, fino a renderli inabitabili, come nel caso di Ikebiri.
Ikebiri è una comunità distribuita in villaggi, situata sul Delta del fiume Niger in Nigeria, dove la NAOC (Nigerian Agrip Oil Company), la quale fa parte del gruppo ENI italiano, possiede 7 pozzi petroliferi e 8 condotti petrolifere.
La popolazione di ikebiri si basava su un’agricoltura di sussistenza, la produzione di olio di palma e dalla pesca che si svolgeva nei vari fiumi affluenti del Niger.
Nel 4 Aprile del 2010, a causa dell’esplosione di un condotto petrolifero, nella zona di Clugh Creek (territorio della zona meridionale del Bayelsa), ci fu una fuoriuscita di petrolio che contaminò circa 43 ettari (430.000 m²) di territorio.
Il petrolio inquinando gran parte questi territori in cui erano situati questi villaggi, causò una mancanza di fonti di sostentamento, su cui il villaggio era basato.

Leonardo Filiziani

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