Sin da piccoli ci istruiscono a lavorare, partendo dalle elementari l’unica preoccupazione dei nostri genitori e dei nostri maestri è prepararci al mondo là fuori. Tutti lo descrivono come spietato, difficile e stancante, mai nessuno che è pronto a coglierne il lato positivo. L’esempio più eclatante di questo pensiero è l’importanza che oggi diamo noi al lavoro, ovvero ogni attività fisica o mentale che serve a procurare denaro per svolgere una vita soddisfacente. Anche se di “mentale” esiste ben poco in questo concetto, ci possono essere dei calcoli meccanici, delle strategie di marketing oppure se proprio siamo fortunati dei progetti per macchine del futuro, ma mai nessun pensiero alla letteratura o alla poesia. Produrre, spendere, risparmiare e guadagnare sono per me le parole che ormai affliggono tutta la nostra società, le più gettonate. I verbi come amare, giocare, leggere e pensare (a fini intellettuali e non aziendali) passano sempre più in secondo piano. Per questo affermo con certezza che ormai tutte le nostri menti sono soggiogate e corrotte dalla scorretta definizione di “lavoro”.
Se dovessi scegliere di lavorare gratuitamente o non lavorare affatto opterei sicuramente per la prima situazione, perché almeno potrei trovarmi con più facilità un lavoro da svolgere e magari eseguirlo talmente bene da farlo diventare la mia vita. Perché se una persona riesce a vivere divertendosi di ciò che fa, può dire di aver raggiunto un obiettivo invidiabile al giorno d’oggi. Io sono per il lavoro minimo, con i massimi profitti e con un tempo libero molto vasto, per non perdere la nostra umanità e restare esseri umani, anziché macchine che eseguono solo i lavori per cui sono state programmate. Potrebbe sembrare un’utopia, però con l’impegno e la dedizione anche l’impossibile può diventare realtà, perché già pensando che lo sia lo rende irrealizzabile. Realizzare sé stessi facendo ciò che ci piace è il sogno di tutti, però anche qui ci sarebbe chi se ne approfitterebbe. Siamo davvero sicuri che un imprenditore, o un qualsiasi datore di lavoro, non si approfitterebbe dei giovani che vanno a cercare lavoro gratuitamente? La risposta è banale, l’uomo è tanto subdolo quanto stupido, ritorce contro di sé situazioni che potrebbero andare a suo vantaggio preferendo il denaro. Così anche uno studente che va a lavorare gratuitamente per fare un po’ di esperienza si troverebbe sfruttato anche se ciò che fa gli piace, perché si sa che il troppo storpia.
Prima di cambiare le regole del lavoro dovremmo cambiare le nostre menti troppo orientate al profitto e alla furbizia. Forse questo comportamento non sarebbe applicato da tutti, ma è certo che la stragrande maggioranza delle persone adotterebbe questo ragionamento, diminuendo progressivamente il tempo libero di una persona, dove si è più produttivi che mai, e aumentando le ore di attività mentale o fisica. Tutto ciò potrebbe portare in futuro, senza un’inversione di rotta, a un’alienazione prima parziale e poi totale di un lavoratore. Personalmente preferisco sperare nell’impossibile piuttosto che restare nella realtà, anche se siamo lontani dal concetto di “lavoro”, come attività che ci piace e che non ci estranea dalla società, sono propositivo perché sono sicuro che un cambiamento di pensiero prima o poi ci potrà essere.