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Per un cristianesimo autentico

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Durante la prima metà del XVI secolo, nella Germania di Carlo V, in cui la corruzione del clero e la vendita delle indulgenze erano largamente diffuse, si sviluppa la corrente religiosa del protestantesimo, a seguito delle predicazioni del monaco agostiniano tedesco Martin Lutero. Le sue teorie rivoluzionarie sconvolsero la società dell’epoca, causando le più diverse reazioni, molte delle quali volte a sminuire l’opera del monaco, considerandola erroneamente atta a dividere la Chiesa e a mettere in discussione la figura del pontefice. Martin Lutero (1483-1546) si impegnò ad esaminare le Sacre Scritture attraverso un attento metodo filologico. Frequentante l’università di Erfurt, a seguito di un voto fatto a Sant’Anna nel 1505, diventa monaco agostiniano ed approfondisce lo studio della teologia nella stessa facoltà. L’approccio agli studi da lui intrapresi è prettamente biblico, cioè legato imprescindibilmente alle Sacre Scritture e ai loro dettami. Lutero abbandona le teorie della scolastica ed elabora la riscoperta di un cristianesimo puro e biblico, privo di tutte le caratteristiche sviluppatesi nel corso dei secoli che l’avevano reso diverso dalla sua concezione originaria. Ma per Lutero non si tratta soltanto di portare avanti i propri studi: egli è esistenzialmente coinvolto nella continua ricerca della salvezza, che lui vedeva irraggiungibile tramite i metodi allora utilizzati dalla chiesa cattolica estremamente corrotta, a cominciare dalla pratica delle indulgenze. Il monaco agostiniano consolida così la sua nuova dottrina di un cristianesimo basato sul continuo esercizio della penitenza, spirituale e fisica, e che poneva al centro la fede in Dio e la grazia divina, unico mezzo di salvezza,non dipendente dalle opere, tantomeno dalle indulgenze. Le espressioni “sola scriptura” (soltanto le Sacre Scritture), “sola fide” (soltanto la fede), “sola grazia” (soltanto la grazia divina) riassumono i tre punti fondamentali dell’impostazione luterana, facenti tutte riferimento al “solus Christus” (soltanto Cristo). Il monaco è consapevole della necessità di un cambio radicale di mentalità per diffondere questa sua dottrina: egli quindi predica le sue teorie nella chiesa del castello di Wittenberg, fino alla stesura delle celeberrime 95 tesi affisse alle porte del castello, sintesi del suo pensiero, efficaci e scritte in lingua tedesca per essere comprese dalla maggior parte dei fedeli. Tuttavia, molti dei contemporanei di Lutero, quali uomini di chiesa, ma anche principi e lo stesso imperatore Carlo V, oltre al pontefice Leone X, riconobbero nell’atto del monaco il solo interesse di scindersi dalla chiesa cattolica romana e di rinnegare la figura del papa; ecco perché egli verrà più volte attaccato, fino alla minaccia di scomunica con Exsurge Domine, emanata dal pontefice nel 1520. L’intento luterano, nonostante questo, non era affatto teso a rompere l’unità della chiesa: in realtà, Lutero era assolutamente intenzionato a rivoluzionare il cristianesimo corrotto della sua epoca per riportarlo alla sua originale purezza, seguendo filologicamente i dettami delle Scritture e rimanendo irremovibile nel raggiungimento del suo obbiettivo. Egli rispose perciò prontamente alle varie accuse. Come emerge dall’analisi delle 95 tesi (in particolare, le tesi 5,6,51,52,55), la critica di Lutero sta nel fatto che spesso al pontefice vengono attribuite la stessa importanza e le stesse prerogative di Dio. Per il monaco, l’esistenza dell’istituzione papale è possibile, a patto che non si sostituisca a Dio e non provi a rimettere le pene dei fedeli in alcun modo, tantomeno tramite le indulgenze. Inoltre, Lutero evidenzia come il papa debba riconsiderare l’importanza del Vangelo, la cosa più preziosa, a discapito dell’uso del denaro per cerimonie ampollose e per abbellire ed ingrandire continuamente la sede papale della Basilica di S. Pietro a Roma.
Importante fu anche, durante la disputa di Lipsia del 1519, l’incontro/scontro con i teologi tedeschi cattolici Johannes Eck e Hieronymus Emser, al quale parteciparono altri studiosi dell’università di Wittenberg seguaci di Lutero. In particolare, il primo dei teologi citati era fortemente contrario alla dottrina luterana: egli scrisse anche il “De primatum Petri” (del primato di Pietro), in cui sottolinea l’importanza della figura papale. Lutero e i suoi risposero alle accuse dei due teologi osservando come nelle Sacre Scritture non fosse presente la figura del pontefice; inoltre evidenziarono la corruzione della sede papale. Ne seguì un’importante opera scritta da Lutero, “La cattività babilonese della Chiesa” (1520), in cui il monaco sottolinea e ripudia la grande corruzione della “curia romana”, causata soprattutto dal fenomeno delle indulgenze. Eccone un passo in cui Lutero si riferisce alla sede papale:
“In seguito, Eck ed Emser con i loro complici si sono messi a darmi lezioni sul primato del papa (…) Quando [già] negavo che il papato fosse [un’istituzione] di diritto divino, io certo ammettevo che fosse di diritto umano ma, come ho sentito e ho letto le sottigliezze (…) con cui essi danno abilmente una base al loro idolo (…) ora so e son certo che il papato è il regno di Babilonia e il dominio di Nimrod, (…). Perciò anche qui, perché tutto proceda nel modo più felice per i miei amici, prego i librai, prego i lettori che (…) mantengano [soltanto] questa tesi: IL PAPATO È LA POSSENTE CACCIA DEL VESCOVO DI ROMA.”
Lutero si batté strenuamente per far emergere la vera intenzione della sua dottrina. Importante ai fini della comprensione di ciò è la “Lettera a Leone X”. Il monaco invita il pontefice stesso ad aprire gli occhi e si rivolge a lui con ironia, ma un’ironia molto calibrata, non irrispettosa, che fa emergere il disprezzo di Lutero nei confronti di chi l’accusava erroneamente. Nella lettera egli chiarisce che la sua critica riguarda l’impostazione corrotta della Chiesa romana dell’epoca; eccone un passaggio:
“È vero però che ho francamente imprecato contro la tua sede, chiamata Curia Romana, che né tu né alcun altro può negare sia più corrotta di qualunque Babilonia o Sodoma, e che, per quanto io possa comprendere, è di una empietà assolutamente depravata, disperata e conclamata. Mi sono indignato per il fatto che sotto il tuo nome e sotto il manto della Chiesa di Roma, il popolo di Cristo viene beffato.”
Nonostante i vari sforzi al fine di far comprendere ai più la vera essenza della sua dottrina, Lutero continuò ad essere considerato un eretico da molti dei suoi contemporanei cattolici, tanto che nel 1521 la scomunica fu confermata. Tuttavia, Lutero non si fermò davanti a questo atto: grazie alla protezione di Federico di Sassonia poté tradurre in tedesco il Nuovo Testamento e, in seguito, l’intera Bibbia nel 1534. Si può dunque affermare che la separazione dalla Chiesa cattolica ed il successivo scisma che vennero sintetizzati nel termine di protestantesimo, non rientravano negli obbiettivi primari di Lutero, come frainteso da molti suoi contemporanei, bensì costituiscono la conseguenza del fatto che il monaco non si è fermato davanti a nulla, dimostrandosi disposto a tutto pur di non rinnegare la missione suggeritagli dalla fede in Cristo e dall’amore per il Vangelo e il suo messaggio:
“È vero che ho lanciato, in generale, dure invettive contro empie dottrine e ho criticato energicamente gli avversari non per la loro cattiva condotta, ma per la loro empietà. Di ciò mi pento talmente poco che ho deciso di perseverare in quel fervido zelo, non curandomi del giudizio degli uomini e seguendo l’esempio di Cristo(…)” (dalla “Lettera a Leone X”, 1520).

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