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Dialettica tra filosofia e scienza: Comunicazioni in codice morse

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La filosofia e la scienza durante l’Età Classica erano accomunate tra loro; nell’Età Moderna avviene una scissione e la filosofia viene creduta inutile e insignificante; nell’Età Contemporanea si ritorna al pensiero che esse siano collegate.

Tra i filosofi greci dell’Età Classica ci furono idee contrastanti: infatti alcuni come Platone credevano che la filosofia fosse la vera scienza poiché si occupava dello studio della metafisica, le Idee, mentre la fisica e l’arte non potevano essere considerate scienza perché studiavano le copie imperfette delle Idee, gli Enti.

Platone, considerava la matematica un metodo per imparare ad astrarre, infatti studiando i numeri e le figure geometriche, oggetti astratti, si poteva capire come comprendere in seguito le Idee, dopo averle ricordate.

Essendo cambiate le condizioni civili delle πολεις e il contesto politico, si ha la nascita di un nuovo pensiero filosofico con Aristotele, che aveva un’altra opinione di ciò che doveva essere considerato scienza; per lui erano tutte scienze e avevano pari dignità di essere considerate tali, per il fatto che ognuna di esse aveva un oggetto, un metodo e uno scopo differente dalle altre.

Per Aristotele inoltre, a differenza di Platone, la conoscenza sensibile non era illusoria, ma questa, permettendo la conoscenza della realtà fisica, era il presupposto della conoscenza intellettuale; Aristotele dopo tutto pensava che la scienza permettesse di dimostrare le cause e il perché di un evento.

Il metodo usato era razionale e dialogico.

Nell’Età Moderna la filosofia viene tralasciata e considerata inutile e insignificante, la scienza è l’unica che può individuare la verità.

Il metodo usato era matematico-sperimentale e veniva tenuta in considerazione anche l’esperienza; attraverso questo metodo si prevedeva e si agiva di conseguenza.

Secondo gli scienziati dell’epoca la filosofia non poteva essere considerata scienza perché studiava la metafisica, mentre la vera scienza si occupava della realtà fisica.

La “vera” scienza si basava su delle leggi regolari, immutabili, uniformi e in questo modo studiava i fatti, la materia in movimento.

Le correnti filosofiche che possono essere citate sono: la corrente filosofica empiristica e la corrente filosofica del Positivismo.

Nella prima corrente filosofica, Bacone, filosofo inglese vissuto tra le seconda metà del 1500 e la prima metà del 1600, basa il suo pensiero filosofico sul richiamo alla finalità pratica e operativa del sapere, in modo tale che le ricerche della filosofia naturale siano volte a dominare la realtà naturale che ci circonda.

Non valendo più il metodo aristotelico fondato su procedimenti sillogistico–deduttivi, Bacone utilizza un metodo che riesca a ritrovare il significato dell’esperienze, questo metodo è quello induttivo basato su due momenti: pars destruens e pars costruens.

La seconda corrente filosofica, il Positivismo, era ispirato ad alcune idee guida fondamentali riferite in genere all’esaltazione del progresso scientifico.

Il Positivismo in un certo qual modo può essere paragonato all’Illuminismo, con cui condivide la fiducia nella scienza e nel progresso scientifico-tecnologico.

Per il Positivismo si prende in considerazione Auguste Comte, vissuto tra gli ultimi anni del 1700 e gli inizi della seconda metà del 1800, secondo il quale le vere scienze sono: matematica, astronomia, fisica, chimica, biologia, sociologia.

La filosofia di Comte si basa su tre stadi: il primo stadio, detto anche stadio teologico, è quello della conoscenza interessata dalla natura interiore degli esseri. Il secondo stadio, detto stadio metafisico, si basa sulla modificazione del primo sostituendo quegli agenti soprannaturali con forze astratte, vere e proprie entità inerenti ai fenomeni. Il terzo stadio, definito stadio positivo, è la conoscenza dei fenomeni e delle loro molteplici leggi.

Questa successione di stadi mentali (legge dei tre stadi) è considerata da Comte una scoperta fondamentale, applicabile a tutte le manifestazioni del divenire umano.

Nell’Età Contemporanea abbiamo il riavvicinamento della scienza e della filosofia, le due si completano a vicenda, ovvero la filosofia può essere definita la “consigliera” della scienza indicandole lo scopo e il fine.

La filosofia viene considerata come uno strumento capace porre un limite agli atti illeciti della scienza e un strumento attraverso il quale si potevano evitare avvenimenti orrendi, come Auschwitz e la bomba atomica.

Due filosofi da prendere in considerazione per questo periodo sono Einstein e Popper.

Einstein considera la “conoscenza” il risultato dell’insieme alchemico di osservazione empirica e ragionamento; ricollegandosi alla filosofia della Grecia antica.

Secondo Einstein la ragione contribuisce a creare la struttura del sistema e i concetti e i principi sono creazioni libere dello spirito umano non giustificabili a priori né con la natura dello spirito umano né in altro modo.

Popper passa dal metodo  induttivo al metodo deduttivo; infatti per descrivere il suo approccio filosofico alla scienza si è coniata l’espressione razionalismo critico, il rifiuto dell’empirismo logico. Infatti per Popper la scienza è vera scienza solo se questa può essere confutata.

Nel 1947, Adorno e Horkheimer scrissero la “Dialettica dell’Illuminismo”, in cui criticavano l’orrore della contemporaneità. La scienza era ormai diventata strumento di dominazione sulla natura e aveva quasi portato l’uomo alla distruzione, risultato di un oblio della ragione filosofica nell’età moderna, e questa doveva ricondurre la ragione scientifica ad essere neutrale rispetto ai problemi dell’uomo.

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