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Dialettica tra Filosofia e Scienza

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In tutta la nostra storia intellettuale scienza e filosofia sono sempre state intimamente associate.

Sebbene la dialettica si affermi in modo significativo soltanto con Platone, le prime tracce di essa possono essere rinvenute già nelle concezioni di alcuni filosofi presocratici come Zenone di Elea (ricerca degli aspetti contraddittori nelle tesi più generalmente accettate), Eraclito (“unità degli opposti”) e nello stesso Socrate.

Il dialogo socratico, nei suoi due momenti, nasce come reazione allo scetticismo assoluto in cui l’arte del discutere era caduta con i sofisti. Esso si propone un fine essenzialmente pratico: è un metodo che, per mezzo di un intreccio di brevi domande e risposte, tende alla formazione della coscienza e della responsabilità personale.

Anche Platone considera la dialettica un procedimento di ricerca della verità che si attua attraverso il dialogo; ma a differenza di Socrate, il quale mirava ad accrescere l’autoconsapevolezza e il senso critico degli uomini, Platone vede nel metodo dialettico un mezzo per condurre il discepolo a trovare le verità che già risiedono in lui. Tale atto non costituisce una vera e propria acquisizione, bensì una semplice reminiscenza: il soggetto ricorda infatti ciò che aveva appreso in altri tempi, in una vita precedente.

La dialettica platonica si propone di risalire di concetto in concetto, di proposizione in proposizione, fino ai concetti più universali che, secondo Platone, costituiscono il mondo delle idee.

Essa può essere considerata, in generale, il procedimento proprio dell’indagine razionale, che si divide in due momenti: il primo cerca di ricondurre a un’unica idea le nozioni disperse e di definire l’idea in modo da renderla accessibile a tutti. Il secondo momento è quello della divisione, che consente nel suddividere nuovamente l’idea secondo le sue articolazioni naturali, ossia secondo i generi e le specie.

Aristotele è in linea con Socrate nel riservare alla dialettica il campo del discorso; ma essa non si riferisce più alle cose bensì soltanto alle opinioni sulle cose, e rappresenta un procedimento che conduce semplicemente a preferire o a rifiutare una data opinione. Infatti, a differenza dalla logica propriamente detta (analitica), che è un processo dimostrativo razionale che parte da elementi o premesse assolutamente vere e dimostrabili come tali, la dialettica aristotelica esposta nei Topici, muove da premesse probabili, generalmente accettate da tutti, o dalla maggioranza, o dagli uomini più saggi.

Per tale motivo, pur riconoscendo in essa un metodo critico che permette di indagare sulle radici della conoscenza, Aristotele non considera la dialettica una vera e propria scienza e, nell’analisi dei vari tipi di argomentazioni, la colloca tra le forme argomentative imperfette, perché priva di rigorosa necessità.

Scienza e filosofia poi, sono fiorite durante la rivoluzione scientifica del Cinquecento e del Seicento che ha inaugurato la scienza e la filosofia moderna come le pratichiamo oggi.

Per Galileo come per Cartesio, per esempio, enunciare una nuova concezione matematico-meccanica della natura era tanto importante quanto combattere la filosofia aristotelico-scolastica che faceva da sfondo alla nuova scienza della natura (e alla nuova filosofia).

All’epoca infatti non esisteva ancora una differenziazione netta tra filosofia e scienza.

I primi pensatori moderni come Cartesio e Leibniz hanno dato contributi fondamentali sia a quella che oggi viene detta filosofia sia alla nuova scienza nascente.

L’assenza di distinzione risulta chiara dal fatto che si chiamasse ancora filosofia naturale quella che oggi per noi è la fisica, e che Newton intitolasse Philosophiae Naturalis Principia Mathematica.

Il nuovo quadro della natura dato da Galileo e da Cartesio divenne noto come filosofia meccanicistica. Invece che nei termini di “forme sostanziali” e “qualità occulte” invocati dalla scolastica aristotelica, tutti i cambiamenti naturali erano spiegati in termini di moti e di urti reciproci dei corpuscoli invisibili ed elementari che compongono la materia.

Tuttavia la fisica matematica di Newton sembrava rompere decisamente con la filosofia meccanicista.

Per i meccanicisti ogni interazione fisica doveva prodursi per urto o contatto, perciò deploravano che proprio Newton avesse introdotto una “qualità occulta”, in questo caso un’attrazione primordiale. Dal punto di vista della filosofia meccanicistica, il moto e perciò anche lo spazio e il tempo sono soltanto relativi.

Come può lo spazio assoluto newtoniano, una sorta di grande “contenitore” vuoto in cui si trova la totalità dei corpi materiali, avere un senso razionale?

Nel Settecento, è questo il problema concettuale di base che fa da sfondo alla “filosofia trascendentale” di Immanuel Kant.

Uno dei principali obiettivi della Critica della ragion pura era quello di mostrare che il modello relazionale di spazio e di moto introdotto da Leibniz era riconciliabile con la concezione assoluta di Newton. Nella soluzione data da Kant, lo spazio ha un’esistenza indipendente dalla materia, come voleva Newton, ma non è una sorta di entità metafisica, un grande “contenitore” infinito, che esiste al di là dei fenomeni fisici che conosciamo in natura, è invece una forma a priori della nostra esperienza percettiva, entro la quale ordiniamo i fenomeni di natura per trarne un senso razionale.

Albert Einstein diede alla fisica matematica un nuovo paradigma, la teoria della relatività, che descrive spazio, tempo, moto e interazione entro un quadro non newtoniano, e il fenomeno della gravitazione con una geometria non euclidea e non come l’azione immediata a distanza di una forza.

A sua volta, il modello di filosofia scientifica trasmesso dagli empiristi logici ha dovuto lasciare il posto a un altro.

La struttura delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn, ha messo in discussione i modelli puramente logici della struttura della scienza e li ha sostituiti con un modello storico e dinamico, secondo il quale la natura fondamentale della scienza è precisamente illustrata da trasformazioni concettuali rivoluzionarie – la transizione dalla fisica di Newton a quella di Einstein, per esempio – in cui un quadro o paradigma omnicomprensivo viene scalzato da un altro, radicalmente diverso.

Il quadro della scienza dato da Kuhn è ora anch’esso il fulcro di una nuova disciplina accademica, detta storia e della filosofia della scienza, una metadisciplina che negli ultimi anni ha suscitato una sempre maggiore attenzione.

Nel corso della prima, nel Cinquecento e Seicento, la filosofia meccanicistica era essa stessa inscindibilmente radicata in un nuovo paradigma scientifico, nel tentativo fatto da Galileo e da Cartesio per sbaragliare una volta per sempre Aristotele e gli scolastici.

Quando la filosofia meccanicistica è stata a sua volta compromessa dal nuovo paradigma fisico ideato da Newton, Kant ha provato il bisogno di mettere a punto un paradigma filosofico radicalmente nuovo: la “filosofia trascendentale”. Il quadro di Newton-Kant si è logorato per tutto l’Ottocento fino a quando, nei primi anni del nostro secolo, la fisica ha conosciuto un’ulteriore trasformazione fondamentale con la teoria della relatività di Einstein, il nuovo paradigma fisico che ha portato alla filosofia dell’empirismo logico. E così via.

È chiaro quindi che né la scienza né la filosofia possono fare a meno l’una dell’altra.

Nei momenti di profonda rivoluzione concettuale, la scienza ha un particolare bisogno della filosofia.

Quando un paradigma generalmente condiviso cede il posto a un altro o, per dirla con Kuhn, attraversa una “crisi” o passa da una fase di “scienza normale” a un’altra, abbiamo bisogno di una fonte di idee e di una guida situate a un livello diverso e per così dire metascientifico.

Dobbiamo uscire dalla “scienza normale” per entrare nel regno di quella che oggi chiamiamo filosofia.

Lo stesso Einstein ha detto che non avrebbe mai potuto formulare la teoria della relatività senza lo stimolo e gli orientamenti forniti dalla filosofia scientifica dell’Ottocento, dalle idee di Helmholtz, Mach, e Poincaré nate nel quadro della sintesi di Newton e Kant. Non c’è da meravigliarsi quindi se nella nota collana editoriale “Library of Living Philosophers”, il volume dedicato a Einstein ha per titolo Albert Einstein: Philosopher-Scientist.

Quando e come avverrà la prossima grande rivoluzione scientifica? Non lo sappiamo, ma sappiamo che non può avvenire senza la fitta interazione tra scienza e filosofia che ha contrassegnato in maniera indelebile la nostra vita intellettuale dalla prima rivoluzione scientifica a oggi.

Perciò la disciplina chiamata Storia e Filosofia della scienza richiama un’attenzione crescente al di qua e al di là dell’Atlantico: è importante non solo per capire il nostro passato ma anche per valutare il meglio possibile il nostro futuro intellettuale.

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