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La macchina motrice dell’evoluzione scientifica

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Quanto l’evoluzione scientifica sia importante, significativa e determinante è noto a tutti noi. La vera questione però è: “Ci siamo mai realmente soffermati su quali siano le fasi di questa fatidica ricerca scientifica che ci ha portato a scoperte tanto stupefacenti?

E soprattutto, sulla base di ciò, potremmo sapere cosa siamo e saremo in futuro in grado di sperimentare?

All’interno di quella che potremmo definire una grandiosa attività umana avente l’obiettivo di indagare fatti, eventi, atteggiamenti, cause di quest’ultimi e di giungere alla formulazione di nuove teorie concernenti un dato ambito della conoscenza, possiamo distinguere due importanti filoni di ricerca: la prima è nota con il nome di “ricerca di base”o più raramente di “ricerca pura” o “fondamentale”, con l’obiettivo di spiegare, esplorare al livello teorico i vari fenomeni di cui è necessario conoscere l’origine; la seconda è invece la cosiddetta “scienza applicata”, la quale opera al contrario sul piano pratico, al fine di garantire uno sviluppo nel campo tecnico.

Tuttavia certo è che oggi ancora non siamo perfettamente in grado di compiere una sicura stima delle risorse e potenzialità che saremmo in grado di ricavare dalla ricerca di base. A tal proposito è significativa  un’indagine attuata con la collaborazione di alcuni studiosi dell’Harvard School of Public Health e del professore Andrea Boggi, della Bryant University, consistente nel sottoporre più di 300 scienziati di base dell’Università di Harvard ad un questionario di 20 domande.

I dati emersi rivelano che ogni progetto è caratterizzato da un diversificato potenziale della ricerca di base, il quale peraltro potrebbe quasi sempre essere preveduto e approssimato.

Il suddetto potenziale godrebbe inoltre di un incremento, qualora intervengano spinte, stimoli motivazionali “soft”, identificabili con le “nudge” (rinforzi positivi e suggerimenti o aiuti indiretti in grado di influenzare motivi e incentivi, a loro volta parte della decisione di gruppi e individui) dell’economia comportamentale.

Sono dunque emersi dati importanti per rafforzare la nostra consapevolezza riguardo a ciò che saremo in grado di scoprire e gli stessi benefici a cui ci porta adesso e ci porterà in futuro la ricerca di base. Ad esempio ben l’85,7 % del materiale analizzato ha dimostrato che essa comporterà un giovamento alla salute pubblica, con un conseguente cambiamento nella diffusa credenza che presenta lo scienziato interessato solamente e semplicemente all’autentica e pura conoscenza.

Volendo citare poi uno tra gli importanti esperimenti collegati alla ricerca di base, potremmo riportare quello che ha condotto alla scoperta del fenomeno dell’“interferenza da RNA”, o RNAi, sistema di controllo universale dell’espressione genica. Inizialmente per un dato arco di tempo Andrew Fire e Craig Mello si sono dedicati ad approfondire lo studio del fenomeno di spegnimento delle attività dei geni in un organismo che però apparentemente poteva sembrare insignificante e del tutto inutile, ossia il microscopico verme noto come Caenorhabditis elegans.

Tuttavia nel 2006 l’importanza del loro impegno in un lavoro di esclusiva ricerca di base è stato riconosciuto ed onorato con un Premio Nobel per la Medicina e la Biologia, poiché fondamentale per porre appunto le basi della ricerca applicata nel  fenomeno interessato.

L’elenco di queste scoperte importantissime per l’evoluzione scientifica potrebbe non finire mai; è significativo citare anche la ricerca che ha condotto all’identificazione dei meccanismi di attivazione genica a cascata, determinanti il piano strutturale di un organismo, resa possibile dalla scoperta dei geni omeotici (geni responsabili dello sviluppo) nel moscerino della frutta conosciuto come Drosophila melanogaster , grazie al quale personalità come Edward Lewis, Christiane Nüsslein-Volhard ed Eric Wieschaus hanno potuto vincere nel 1995 il Nobel, o ancora esperimenti con fini di ricerca applicata nel campo biomedico, quali lo studio della proteina fluorescente GFP estratta dalla medusa Aequorea victoria, sulla base del quale è stato possibile “identificare” varie proteine, cellule e strutture biologiche, e per cui nel 2008 Osamui Shimomura, Martin Chalfie e Roger Tsien hanno vinto il Nobel per la Chimica.

Ora dunque spetta ai nostri scienziati cogliere e sfruttare la maggior parte delle informazioni, scoperte e dati ricavati da studi ed esperimenti della ricerca di base, così da trasformarle in vere e proprie ricerche applicate.

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