Caro Paolo Plevani
Sono una studentessa che sogna di intraprendere una carriera nel campo della genetica, nonostante io sia ancora giovane mi sono resa conto che fare ricerca in questo paese è una cosa davvero complicata.
L’Italia oramai non è più un paese per noi, la gente non investe più nella scienza, a noi giovani viene “caldamente consigliato” di rinunciare ai nostri sogni e alle nostre passioni per intraprendere percorsi universitari che ci garantiscano un “lavoro sicuro”.
La cosa veramente triste è che nessuno vuole più sentir parlare di scienza, di ricerca, mentre ci sono molti ragazzi che ogni giorno studiano e si impegnano per riuscire a fare qualcosa di importante nel campo in cui vogliono specializzarsi.
Io frequento il 5° liceo e alla domanda “che facoltà vuoi prendere” rispondo “biologia” ma tutti mi dicono che è una “facoltà di ripiego e di seconda scelta, dove vanno gli scarti di medicina”, io sono una persona che crede in ciò che fa e non mi lascio scoraggiare da ciò che dicono gli altri, ma ciò che veramente mi rattrista è il poco valore che la gente da a questa disciplina.
E’ oramai sfortunatamente risaputo che l’Italia non ci vuole, non ci sono fondi, non c’è lavoro, ma quando ce ne andiamo e facciamo qualcosa di importante in un altro paese, l’Italia rivendica il suo merito, come se l’opportunità ci fosse stata offerta da questo paese.
Fino a qualche tempo fa pensavo di poter studiare e trovare lavoro qui, ma oggi più che una speranza è un’utopia, anche se il mondo è pieno di opportunità è molto triste pensare che noi giovani un giorno dovremo lasciare tutto per poter intraprendere una carriera altrove.
Sappiamo che molti dei paletti che vengono messi alla scienza derivano dalle nostre radici culturali, dall’influenza della chiesa e dalla poca importanza che è data a questo tipo di conoscenze, ma oggi è ancora giusto preferire la tradizione al progresso?
Le facoltà scientifiche, anno dopo anno, hanno sempre meno iscritti, gran parte della gioventù non vuole più sentir parlare di scienza dopo le scuole superiori e si dedica a studi umanistici.
Vista questa situazione, con sempre meno persone disposte a “quotarsi” alla scienza è giusto, secondo lei, quello che il paese sta facendo evitando di investire in noi?
Crede che ci siano altri motivi per cui il nostro paese si approccia in maniera così “negativa” alla scienza?
Se potesse dare un consiglio a tutte le nuove generazioni di ricercatori quale sarebbe?
Distinti saluti,
Marta Moriconi
Cara Marta,
ti ringrazio per la lettera aperta che mi hai inviato e che tocca problemi reali e importanti.
Oggi pensare di volersi dedicare alla scienza e alla ricerca è davvero complicato e rischioso.
Per la verità non è che nel passato sia stato meglio: personalmente, sono riuscito a fare il ricercatore in Genetica e Biologia molecolare per una serie di circostanze fortunate che, se volete, vi posso raccontare a Foligno.
Qui solo due parole e un consiglio a Marta e a tutti i giovani appassionati di scienza e biologia: seguite i vostri sogni e le vostre passioni senza farvi abbagliare dal salario sicuro (anche se di sicuro non c’è niente) che può esservi offerto da altre scelte.
Sono certo che la vocazione scientifica che si evince dalle parole di Marta le farà trovare la strada giusta.
Marta, devi mettere però nel conto che la scienza è sempre più globale e che, quindi, andare all’estero per periodi più o meno lunghi allo scopo di imparare, crescere e approfondire è praticamente “doveroso” e, magari, si scopre che il mondo è anche più interessante e affascinante dell’Italia….
cordiali saluti
Paolo Plevani