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L’importanza della ricerca di base

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La ricerca scientifica come del resto l’istruzione, molto importanti per lo sviluppo di un paese, in Italia sono abbastanza sottovalutate: i fondi dello stato riservati alla ricerca sono scarsi e non permettono la realizzazione di strutture pubbliche all’avanguardia; la scuola e la ricerca sono purtroppo vittima dei continui tagli di bilancio dei vari governi.

La ricerca scientifica implica un lungo processo di studi finalizzato ad aumentare le conoscenze. Per convenzione, le attività di ricerca si dividono in due tipi:

  • La ricerca fondamentale, o di base, nasce per acquisire nuove conoscenze e per comprendere processi complessi. Stimolata dalla curiosità, viene condotta senza uno scopo immediato ma col tempo questi risultati possono acquisire importanza soprattutto dal punto di vista pratico.
  • La ricerca industriale, o applicata, viene utilizzata per trovare soluzioni concrete e specifiche. Si pone come obiettivo non l’avanzamento della conoscenza in sé, ma l’utilizzo della conoscenza teorica già acquisita a fini pratici.

A queste due tipologie viene affiancato un altro strumento:

lo sviluppo sperimentale o pre-competitivo che utilizza le conoscenze acquisite mediante la ricerca di base e quella applicata nella realizzazione di prototipi per immettere sul mercato nuovi servizi o prodotti per migliorare i precedenti.

 

La netta separazione delle discipline non esiste più, permettendo un approccio interdisciplinare e favorendo la condivisione delle conoscenze.

Questo ha inoltre portato alla nascita di un nuovo modello di studio in cui le domande sorgono affrontando problemi pratici, i quali sono alla base dell’origine di nuovi quesiti.

Sta ottenendo molto successo la cosiddetta ricerca di frontiera: una attività che non si cura della giurisdizione e dei confini disciplinari per ottenere progresso e eccellenza.

Si deve alla ricerca di base una delle scoperte più significative nel mondo della medicina: la scoperta dei raggi-X.

L’8 novembre del 1895 il fisico tedesco Wilhelm Rontgen con un tubo fluorescente, una capsula di vetro sottovuoto attraverso cui veniva fatta passare corrente elettrica, notò che uno schermo cosparso di sostanza fluorescente, posto vicino al tubo stava brillando fiocamente.

Avendo coperto il tubo con cartoncini neri, capì che qualunque cosa fosse, era invisibile ad occhio nudo ma era in grado di penetrare la carta. Decise così di chiamare quei misteriosi raggi “X” come il segno matematico che indica una quantità sconosciuta.

Questa scoperta valse poi al fisico il Nobel nel 1901.

Se questo rappresenta un esempio positivo dell’applicazione della scienza di base, non si può dire lo stesso della bomba atomica.

Si basa sul principio di equivalenza massa-energia previsto da Albert Einstein nella teoria della relatività ristretta.

Questa scoperta, che secondo Einstein non aveva fini pratici, venne analizzata soprattutto da Enrico Fermi negli anni ’30.

La bomba atomica venne realizzata con un progetto segreto, il progetto Manhattan, seguendo gli studi precedenti condotti sull’uranio 235 e il plutonio 239, utilizzando un fondo complessivo di due miliardi di dollari dell’epoca.

Dopo lo sgancio della bomba atomica a Hiroshima il 6 agosto 1945, la maggior parte degli stati tra cui Russia, Francia, Inghilterra, Cina si dotò di programmi nucleari e successivamente quasi tutti avevano nel proprio arsenale bombe atomiche.

Einstein, che nel lontano 1939, persuaso da Fermi e Szilard, scrisse una lettera al presidente Roosevelt per segnalare l’uso della fissione in campo militare, si ritrovò con Russel a compilare il Manifesto invitando tutti gli scienziati del mondo per discutere i rischi dei programmi nucleari e delle armi da essi derivate.

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