Home Ambasciatori della Festa di Scienza e Filosofia Ricerca di base e ricerca scientifica

Ricerca di base e ricerca scientifica

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Come funziona? Perché accade? Come si potrebbe migliorare?

Sono tutte domande che per sua natura l’essere umano si pone da sempre, rispetto ai fenomeni che osserva quotidianamente come di fronte alle manifestazioni più misteriose della natura. Tutti noi, nella quotidianità, esploriamo, investighiamo , inventiamo, risolvendo problemi, sperimentando variazioni ecc.

Quando la curiosità e l’intuizione vengono applicate con un approccio sistematico per rispondere a domande di questo tipo, si sta facendo una ricerca.

In molti campi della scienza si usa distinguere tra la ricerca “di base” (o teorica, o pura) e ricerca “applicata” (o pratica):

Ricerca di base: si tratta di un’attività di ricerca finalizzata all’aumento delle conoscenze senza diretti fini applicativi, basata sulla pura curiosità intellettuale e sulla volontà di scoprire le leggi fondamentali che spiegano i fenomeni della natura. La ricerca di base esplora ciò che è sconosciuto, ampliando il campo del possibile, e produce conoscenza per lo più generale e teorica

Ricerca applicata: si intende l’attività di ricerca a volta ad ottenere determinati risultati applicativi e a esplorare strade e metodi alternativi. Ha come obiettivo non l’avanzamento della conoscenza in sé, ma l’utilizzo della conoscenza teorica già acquisita a fini pratici. Produce modelli, metodi e prototipi

Per fare un esempio: Albert Einstein, quando ha spiegato l’effetto fotoelettrico, stava facendo ricerca di base; mentre di ricerca applicata si è occupato chi ha capito che questo effetto poteva essere utilizzato per il meccanismo che regola la chiusura delle porte a scorrimento negli ascensori.

E ora parliamo di costi. La ricerca di base e quella applicata sono entrambe costose. Il costo varia secondo la disciplina: si può stimare approssimativamente che la ricerca biologica costi da dieci a cento volte meno di quella fisica.

È, comunque, naturale che in periodi di crisi economica come l’attuale si tenda a guardare con occhio critico i rapporti tra costi e benefici dei due tipi di ricerca.

Sul fatto che i soldi destinati alla ricerca applicata siano spesi bene sono d’accordo quasi tutti.

Invece, la ricerca teorica è considerata un lusso consentito solo nei periodi di prosperità economica.

Ma dimostrare l’utilità della ricerca di base è facile: basta pensare ad una qualunque invenzione o scoperta, che abbia migliorato la nostra vita, e ripercorrere all’indietro le tappe di ricerca e di lavoro che l’hanno resa possibile.

Prendiamo un caso concreto:

Nel campo della medicina, un evento di enorme importanza è stata la scoperta dell’insulina, grazie alla quale i diabetici in tutto il mondo hanno potuto e possono condurre una vita quasi normale

L’insulina è un ormone peptidico dalle proprietà anaboliche, prodotto dalle cellule beta delle isole di Langerhans all’interno del pancreas; è formata da due catene unite da due ponti solfuro: catena A di 21 aminoacidi e catena B di 30 aminoacidi. La sua funzione più nota è quella di regolatore dei livelli di glucosio ematico riducendo la glicemia mediante l’attivazione di diversi processi metabolici e cellulari. Ha inoltre un essenziale ruolo nella proteosintesi (sintesi proteica) assieme ad altri ormoni che sinergicamente partecipano a tale processo, tra cui l’asse GH/IGF-1, e il testosterone. L’insulina è il principale ormone responsabile del fenomeno di ingrassamento (lipogenesi), cioè lo stoccaggio di lipidi all’interno del tessuto adiposo.

Correva il 1916 quando il professor Nicolae Paulescu, cattedratico di Fisiologia all’Università di Medicina e Farmacia di Bucarest, in Romania, ricavò dal pancreas un liquido che iniettò successivamente in un cane con diabete. Paulescu osservò come questo liquido fosse capace di normalizzare la concentrazione di zuccheri nel sangue del cane e ne pubblicò i risultati in quattro lavori scientifici che gli permisero di ottenere, nel 1922, il brevetto per la scoperta della pancreina, il primo attribuito all’insulina. Nel febbraio del 1922, quindi oltre otto mesi dopo, due ricercatori dell’Università di Toronto, il dottor Frederick Grant Banting ed il biochimico John James Richard Macleod pubblicano sul Journal of Laboratory and Clinical Medicine un saggio sui risultati positivi, nella normalizzazione dei livelli glicemici, ottenuti su un cane diabetico con l’uso di un estratto pancreatico acqueo. Si apre una lunga discussione perché i due ricercatori sembrano aver semplicemente messo in pratica ciò che Paulescu ha scritto nei suoi lavori precedenti ed in particolare nel saggio del 22 giugno dell’anno precedente. I due studiosi, infatti, fanno espresso riferimento a quell’articolo scientifico e dichiarano solo di confermare i rivoluzionari risultati ottenuti da Paulescu. Nel 1923, il comitato per il Nobel di Stoccolma assegna il Premio per la Fisiologia e la Medicina a Banting e Macleod, ignorando del tutto il lavoro e le ricerche di Paulescu. Tutte le contestazioni e suoi nuovi lavori pubblicati sugli Archives Internationales de Physiologie sono inutili.

Lo scienziato Ion Pavel, negli anni settanta, in pieno regime comunista romeno, rese pubblica una lettera del 15 ottobre 1969 ricevuta da Charles H. Best, un collaboratore di Banting e Macleod, nella quale si ammette che i due vincitori del Nobel non avevano fatto altro che riprodurre in laboratorio le ricerche di Paulescu.

Anche se viviamo in un mondo continuamente trasformato delle scoperte scientifiche, molte persone mostrano disinteresse, se non addirittura indifferenza, nei confronti della scienza. Comprendere le idee che stanno dietro alle moderne scoperte non è ne’ facile ne’ immediato.

Eppure certe scoperte meritano di essere conosciute soprattutto quelle che hanno cambiato la vita di milioni di persone.

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