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Il Lavoro rende Liberi

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Il lavoro rende liberi. Sembra strano usare questa frase dopo l’olocausto perché da quella foto e da quelle lacrime versate dal mondo intero tutti abbiamo da imparare e tutti abbiamo da ricordare, memorizzare nel nostro vivere, ma voglio usarla e renderla nuovamente una frase forte, potente e colma di significato. Si! Il lavoro rende liberi e lo fa in ogni sua forma. Non importa se salariato o meno, il lavoro, come emancipazione e distacco dall’assenza di obiettivi, rende liberi e da forza alle nostre azioni in ogni loro rappresentazione. È libero il medico che con tenacia e dedizione arriva a poter curare le persone dopo anni di studio e di pratica. È libero l’avvocato che con le parole e con l’intelletto rende colpevole o innocente una persona. È libero l’operaio che smuove la terra sotto una strada e porta la fatica e la speranza sulla tavola della propria famiglia. È libero colui che corre dietro ad un pallone e calciando smuove un tumulto di persone e di anime sugli spalti. È libero lo scrittore che con le parole entra lentamente nell’ego di una persona e lo fa danzare attraverso le sue storie, i suoi pensieri e le sue righe colme di sentimento. È libero il poliziotto che durante un tumulto popolare ha paura, freme e pensa ogni minuto alla sua famiglia e alla moglie che fissa il televisore in cerca di notizie e di aggiornamenti dalla piazza. È libero colui che nelle persone vede dei fedeli ed in un libro vede le parole del suo signore e con la delicatezza della preghiera controlla il male e danza con il bene. Guardo ogni singola persona e la vedo portare con se responsabilità, doveri, obblighi e diritti ma rimango dell’idea che ogni singolo individuo è libero dalla brutalità dell’ignoranza se con il propri muscoli, con il proprio intelletto, con le proprie parole e con il proprio essere si muove nel mondo e svolge un lavoro, un compito, un dovere assegnatoli per perseguire un obiettivo, per raggiungere un traguardo, per essere una goccia che cadendo sul piano dello stagno scaturisce onde continue e ritmiche. Immagino per un attimo un’esistenza nuda, assente da ogni dovere e pensiero e mi chiedo quale sia veramente il senso dell’assenza. Il vuoto ha senso? Sentirsi vuoti non porta alcun cambiamento, alcun pensiero, alcuna azione, alcuna decisione. È vuoto e tale rimane. Per secoli si è affrontata la tematica sul lavoro e su quanto esso sia legato alla persona e se questo, con l’assenza della volontà dell’individuo, si trasformi in puro sfruttamento ed in schiavitù. Violare la libertà di scelta e la libertà di emancipazione è crimine certo ma ancor peggio è il non voler scegliere ed il non dedicarsi a pieno in un’attività che elevi il nostro essere ad una posizione migliore ed emancipata. Si è combattuto a lungo su come le persone siano delle volte costrette a lavorare perché senza un lavoro si ritroverebbero a necessitare di denaro per il proprio sostentamento e ancor più a lungo si è discusso su quanto una persona possa sentirsi sola, deprivata della propria dignità e abbandonata all’accattonaggio se, senza un lavoro, si ritrovasse in una situazione di abbandono e di povertà. Il lavoro è materia prima per la vita ed essa, senza un obiettivo sarebbe solo esistenza e noi uomini diverremmo solo una parte insignificante di un quadro monocromatico e amorfe. Il lavoro da forma alle nostre esistenze e, che sia pagato o meno, da alle nostre giornate, alla nostra quotidianità, un ritmo che può diventare musica e melodia con il tempo.

Mi mancano i tempi delle estati passate a giocare senza un obiettivo specifico ma vado fiero anche della mia gioventù costruita su doveri, compiti e obblighi da sbrigare durante il mio anno solare. Passo le giornate svolgendo mille impegni senza essere pagato o retribuito per le mie attività ma sono felice lo stesso perché vedo nelle mie giornate un senso, un fine che deriva da una causa ed una causa che deriva da una scelta. Scelgo di muovere una mia idea e questo mi rende libero di scegliere che azione compiere, che lavoro svolgere e quale traguardo raggiungere. Ecco cosa fa il lavoro: ci offre una possibilità di scelta e quest’ultima ci permette di compiere azioni, di scegliere ancora altro e di poter promettere a noi stessi un traguardo, una meta da raggiungere. Prefissiamo continuamente degli obiettivi, incaselliamo orari, controlliamo il nostro tempo, portiamo allo stremo un secondo per ricavarne un millesimo e per sfruttare l’ultima goccia di esso per qualche impegno. Abbiamo reso le nostre giornate seriali, come fossero oggetti rimasti invenduti sul banco del tempo. Oramai abbiamo dato al nostro lavoro e alle nostre mansioni un sedativo e ripetiamo le stesse identiche parentesi di quotidianità per anni, per una vita intera. Ci siamo dimenticati il vero significato del concetto di vita. Esistenza è semplice inespressività del nostro essere su questo mondo ma vita è qualcosa di diverso. Vita è quando svegliandoti al mattino pensi alle cose che farai e provi emozioni contrastanti, potenti, fugaci, tormentate, taglienti, vive nel nostro corpo. Parliamo di schiavitù e sfruttamento perché per secoli abbiamo dato alla parola lavoro un senso dispregiativo e del tutto deleterio. Abbiamo agganciato al termine lavoro il termine necessità ed essa, in quanto esprime un qualcosa di fondamentale per la nostra vita, non fa che rendere il lavoro un semplice aggettivo della nostra esistenza, un mezzo per la sopravvivenza. Non dovremmo sopravvivere a questo nostro tempo ma vivere e farlo nel migliore dei modi facendo delle nostre azioni un esempio da far seguire ai nostri figli e al futuro che verrà.

Il lavoro rende liberi ma sta a noi rendere libero il lavoro da ogni preconcetto e radicato sentimento di disprezzo e paura.

 

“passo dopo passo raggiungo la mia meta cara madre,

aspettami al traguardo

e renderò libero

questo mio semplice modo di esistere “

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