Per reddito si intende il flusso di ricchezza durante un determinato periodo di tempo. La disponibilità e la distribuzione di beni materiali e di denaro non è mai stata equa. Con l’avvento della società capitalista, caratterizzata da interessi contrastanti (quello dei proprietari dei mezzi di produzione e quello degli operai, il primo dei quali volto all’accumulo di capitali da reinvestire), il divario si è andato evidenziando. Gli interventi politici informati a principi riformisti, caratterizzanti gli anni del boom economico, hanno progressivamente ridotto quelle contraddizioni che avrebbero dovuto portare ad uno scontro sociale. Le successive crisi economiche, che, a fasi alterne, hanno segnato e continuano a segnare i nostri tempi, hanno tuttavia aumentato il divario tra ricchi e poveri acuendo lo squilibrio economico e sociale. Se prendiamo in considerazione le percentuali vediamo come la ricchezza mondiale rispetto al 2016 è aumentata del 6,4% Il problema vero è che quest’ultima è nelle mani di pochi. Infatti il 50,1% della ricchezza mondiale appartiene all’1% dell’intera popolazione. Questo dato è già preoccupante di per sé ma forse la cosa peggiore è che negli ultimi anni la ricchezza aumenta in maniera sempre più considerevole nelle mani di quell‘esiguo 1 %.
E‘ possibile pensare che ci siano interventi efficaci per risolvere il problema? Si possono accontentare le parti sociali nelle loro diverse richieste?
Lo dubito. Ridistribuire la ricchezza vuol dire toglierne una parte, più o meno consistente, a chi la posside a favore degli indigenti. Questo è il principio di solidarietà su cui si basa anche il nostro sistema di prelievo fiscale che infatti adotta un criterio progressivo (chi più ha più paga). Posto che sia ancora riconosciuta la legittimità morale di tale valore, sembra non essere sufficiente a risolvere il problema. Forse la soluzione migliore, ma allo stesso tempo meno praticabile, potrebbe essere quella di eliminare qualsiasi tipo di ricchezza. Utopia. Un’ altra ipotesi, sicuramente non radicale come la prima ma forse più concreta e plausibile, può essere quella di favorire gli investimenti da parte dei ricchi nei confronti dei meno abbienti, così da dare loro mezzi per guadagnare di più e vivere in modo più sereno. Anche qui però possono esserci delle difficoltà e la prima è lo scopo per cui i ricchi sarebbero chiamati ad intervenire, perchè in una società come la nostra nessuno fa le cose senza ricevere in cambio un vantaggio, soprattutto quando si tratta di denaro. Sarebbe un’ipotesi plausibile se le grandi aziende avessero un ritorno in termini di immagine, come già accade. Fare beneficienza aumenta la notorietà, la fama, favorisce l’associazione di un marchio con valori socialmente percepiti come importanti. Non è però anche questa una logica utilitaristica?
Il vero cambiamento dovrebbe riguardare la nostra idea di economia. Oggi infatti essa è basata sull’utilità, sul denaro, sul profitto. Questo ci rende tutti materialisti e poco attenti ai valori morali; tutto ciò che facciamo ha uno scopo materiale, strumentale, interessato. Credo che per arrivare a garantire una distribuzione più equa del reddito, sarebbe auspicabile sviluppare una morale svincolata dall’idea dell’utile e volta a promuovere, se non la felicità (traguardo forse troppo alto) la serenità e la dignità della persona.
Angela Attanasio