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Il puzzle della memoria

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Con il termine memoria si fa riferimento alla capacità comune a molti organismi di conservare traccia, più o meno completa e duratura, degli stimoli esterni sperimentati e delle relative risposte.

In psicologia e in psicoterapia, in particolare con la psicoanalisi, ci si rivolge soprattutto a quei fenomeni psichici che risiedono al di fuori della sfera della coscienza, si indagano dunque le dinamiche inconsce dell’individuo.
Molto spesso infatti, non tutti i ricordi vengono a “galla” e l’individuo crea una sorta di rimozione del ricordo, parziale o totale.
Tuttavia ciò che scompare dai livelli consci non scompare dalla psiche, anzi continua a esercitare la sua potenza al di fuori del nostro controllo, influenzando la nostra visione del mondo e il nostro comportamento.

Ognuno di noi ha vissuto esperienze che lo hanno cambiato per sempre e la memoria diventa quasi un puzzle, i cui pezzi possono perdersi ed essere in seguito ritrovati.
È difficile sapere con certezza quali ricordi rimangono e quali “svaniscono”.
Credo che ci rimanga impresso ciò che ci risulta più piacevole ma anche gli eventi più spiacevoli.
Allora cosa cerchiamo di nascondere?
La rimozione dei ricordi coincide molto spesso con traumi o con esperienze ritenute inaccettabili, non tanto per l’evento di per sé ma per l’angoscia ad esso associata.

In ambito clinico la memoria è compromessa anche a causa di malattie che insorgono generalmente dopo i sessant’anni e più raramente, con esordi precoci. Una di queste è l’Alzheimer, una forma di demenza degenerativa che si manifesta con afasia, aprassia e agnosia, fino a danneggiare le capacità motorie del soggetto.
Grazie all’alternanza scuola-lavoro ho avuto l’occasione di interagire con persone che di memoria ne hanno più poca. Ho potuto osservare chi ha la consapevolezza del proprio declino cognitivo. Ne ho avvertito il disagio ma anche la caparbietà nel ritenere i ricordi.  Ho conosciuto anziani che mettono in atto dei comportamenti guidati dall’angoscia provata da questo vuoto interiore.
Per mantenere viva la memoria è bene esercitarla, fare attività che favoriscano il ricordo di episodi recenti e passati, e che hanno tonalità emotive diverse, proprio perché il ricordo non deve svanire. Se la memoria e il vissuto sono a fondamento della personalità, sarà importante mantenerli, per quanto possibile, vivi.

L’oblio non è legato soltanto a meccanismi inconsci o a malattie neurodegenerative. Ci sono persone che, seguendo una precisa ideologia, tendono a “mascherare” volontariamente alcuni drammatici eventi storici.
Ne è un esempio il “negazionismo”, termine usato soprattutto in ambito storico-politico, che sta ad indicare la negazione, contro ogni evidenza, dell’Olocausto.
Ciò è sbagliato e ingiusto, gli eventi vanno ricordati, anzi, ci deve essere dietro una riflessione profonda, per far sì che non si ripetano mai più.
Perché come dice Primo Levi:
“Solo quando nel mondo a tutti gli uomini sarà riconosciuta la dignità umana, solo allora potrete dimenticarci.”

Maria Paula Regnicoli

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