Home Ambasciatori della Festa di Scienza e Filosofia LA MEMORIA, CIÒ PER CUI VALE LA PENA RICORDARE

LA MEMORIA, CIÒ PER CUI VALE LA PENA RICORDARE

2512
0

Da sempre i ricordi hanno aiutato gli esseri viventi ad adattarsi e ad evolversi permettendo loro di sopravvivere, ma anche di accrescere la loro conoscenza. Infatti la memoria sta alla base dell’apprendimento. Se pensiamo a come abbiamo imparato a parlare, la prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di ascoltare ciò che dicevano gli altri cercando, poi, di riprodurlo e di capirne il significato. Infatti i bambini all’inizio non articolano frasi ma producono brevi suoni o versi. La ripetizione di questo gioco fonetico (lallazione) costruisce la memoria che permette loro di usare poi parole con cognizione di causa e formulare frasi sempre più complesse. Così la memoria è alla base dell’ apprendimento e della maggior parte delle azioni che facciamo: se leggiamo, i nostri neuroni si attivano per decriptare il testo, comprendere quali parole vi sono scritte e cercano di “ricordarne” il significato. Non ce ne rendiamo mai conto, tuttavia stiamo facendo proprio questo, solo che l’abitudine e l’“esercizio” ci hanno portato a farlo rapidamente e in automatico. Il bambino che sta imparando a leggere sta facendo proprio questo.

Tutto ciò ci ha permesso di migliorare e di avere apprendimenti sempre più complessi. La  memoria ha tutte queste importanti funzioni, tuttavia il suo meccanismo è molto particolare: i ricordi sono di solito intesi come qualcosa del passato che ritornano alla mente sempre associati ad un’emozione provata e legata alla situazione in cui ci troviamo. E’ come se all’interno della nostra mente vi sia un’enorme stanza alle cui pareti vi siano armadi pieni di cassetti in cui abbiamo depositato il nostro passato e che spinti da qualche impulso andiamo a ripescare. Quest’immagine che ci siamo fatti non rappresenta il reale funzionamento della memoria. Infatti, in realtà, la memoria assieme ai ricordi sono qualcosa che dal presente tornano al passato, nel senso che ognuno di noi ricorda qualcosa quando la situazione in cui si trova è in qualche modo analoga ad un evento emotivo trascorso, ma il presente lo carica di un’emozione aggiuntiva, modificando il vissuto e rendendolo diverso da come era. Infatti il ricordo può riemergere dalla mente perché la situazione presente ci riporta ad una particolare sensazione o idea del passato, che però viene rielaborata con elementi di novità impensabili all’epoca del’evento, mentre ora, grazie ad essi, ci sembra lo rappresenti perfettamente.

 

Questo significa che i ricordi sono più che soggettivi, nel senso che si possono interpretare in modi diversi oppure addirittura si può affermare che essi non siano proprio avvenuti o che siano avvenuti in modo differente. In questo caso parliamo di  “negazionismo”  e “revisionismo” quando appunto neghiamo o riscriviamo la veridicità di alcuni avvenimenti. E’ il caso dell’atteggiamento storico politico di coloro che negano la Shoah.

Per comprendere il meccanismo di rimozione va fatta una distinzione tra ricordi e memoria perché le due cose si distinguono: i ricordi sono personali e soggettivi, come abbiamo già detto, mentre la memoria è collettiva, nel senso che i ricordi personali vengono rielaborati prima singolarmente e poi collettivamente diventando patrimonio della comunità. Quindi si comprende la differenza tra i due: mentre i ricordi rappresentano una esperienza personale e diretta, la memoria è come essa influenzi la comunità. Perciò le due cose sono strettamente legate, infatti solo attraverso una continua rielaborazione i ricordi individuali si può andare oltre la prospettiva personale, sublimandoli in qualcosa di più elevato e di acquisito dalla collettività.

Prendiamo il caso di coloro che riuscirono a salvarsi dai lager, hanno impiegato molti anni prima di riuscire a parlare delle loro esperienze alla società, perché inizialmente hanno

dovuto metabolizzare tali eventi che avevano lasciato dei ricordi profondi che richiedevano una lunga meditazione personale. Solo grazie ad essa sono riusciti ad esporre l’accaduto alla società che ne ha fatto tesoro e che ora tutti dobbiamo custodire costantemente e con forte senso di responsabilità….

Ma a questo punto si potrebbe dire che i ricordi nascondano una insidia: se sono delle esperienze individuali a cui, nel momento in cui vengono ricordati, viene data un’interpretazione in base alla contingenza del momento, essi varieranno dall’evento originale. Ma stranamente è proprio grazie a questo meccanismo che i ricordi si rivitalizzano e soprattutto non si dissolvono nel passato. Se questa attualizzazione dei ricordi non si verificasse, essi si dimenticherebbero e si cancellerebbero come se non fossero mai accaduti. È importante, perciò, ricordare e partecipare alla memoria collettiva perché essi, i ricordi, ci permettono di recuperare il filo del passato e di legarlo a quello del presente per far sì che questo nodo ci faccia viaggiare tra questi due tempi e di non perdere il passato, risorsa essenziale per ognuno di noi, certo, senza mai mescolarlo al secondo, ma mantenendone un legame.

 

Paolo Fiorucci

Previous articleLa memoria e il Negazionismo
Next articleI sette gatti di Ahmes