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La storia dell’atomo e l’evoluzione della ricerca

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Lo sviluppo della filosofia greca portò a concepire il mondo come una totalità governata da una legge ritenuta intellegibile dalla mente umana. Se i primi pensatori ionici si concentrarono sulla ricerca del principio originario a cui ricondurre tutti i fenomeni naturali, come Democrito (che verrà citato successivamente), con Pitagora viene data la priorità al concetto intellegibile, ossia alla forma teorica da cui è possibile dedurre per via matematica e geometrica l’ordine della natura. Una tale impostazione sarà fatta proprio da Parmenide, Platone e Aristotele. Intorno, però, al 500 a.C. due filosofi, Leucippo e Democrito, formularono una teoria filosofica sulla struttura del creato. Chiedendosi quante volte la materia si sarebbe potuta dividere a metà, essi arrivarono a chiamare questa particella elementare che avrebbe formato tutta la materia “atomo”. Essi infatti ritenevano che la materia fosse scindibile in parti via via sempre più piccole, fino ad arrivare all’atomo, che in greco significa ‘indivisibile’. Per tutta la durata della storia antica, quindi, furono proprio le principali domande poste dalla filosofia, a fungere da strumento per la ricerca scientifica.

Aristotele, per esempio, teneva in grande considerazione la sperimentazione. In tal modo egli sintetizzò il sapere scientifico dell’epoca in osservazioni di grande acutezza, che sarebbero state poi modelli per la filosofia della natura almeno sino al XVII secolo. Per più di 2000 anni, quindi, “grazie” anche all’influsso di tutto il Medioevo, nessuno indagò più sulla struttura della materia e l’idea di atomo e quasi del tutto abbandonata, ma ciò non impedì alla ricerca scientifica di progredire. In Occidente, la storia della scienza dall’antichità classica fino ai tempi della rivoluzione scientifica, procedette grazie all’introduzione di una disciplina nota come filosofia naturale. Coloro che ne prendevano parte erano chiamati filosofi della natura, che potrebbero essere paragonati ai primi scienziati della storia, dopo i primi filosofi dell’antica Grecia. Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente, gran parte dell’Europa perse contatto con le conoscenze scientifiche acquisite nel passato. Mentre l’Impero Bizantino aveva ancora centri di studio quali Alessandria d’Egitto e Costantinopoli, la conoscenza in Europa occidentale si concentrò nei monasteri, fino alla nascita delle prime università medioevali nel XII e XIII secolo.

La nascita delle Università medievali in Occidente fu un evento decisivo per lo sviluppo della filosofia scolastica, che proponeva lo studio della natura per conoscere il creato (così chiamato per la grande devozione verso la religione cristiana dell’uomo medievale). Infatti le due più grandi università del tempo, quella di Parigi e quella di Oxford, elaborarono ognuna un proprio metodo scientifico, per occuparsi di filosofia della natura, basandosi sulle osservazioni degli eventi e contestando alcuni elementi del pensiero greco.

Il periodo del Rinascimento, dove si svilupparono nuove arti e mestieri, fu il periodo di fondazione della scienza moderna. Tra le attività che caratterizzano quest’epoca è da annoverare l’alchimia, a cui viene attribuita una funzione di stimolo al progresso scientifico.

Si passò poi alla scienza moderna, che fece la sua prima comparsa in Europa in un periodo di grandi cambiamenti, come per esempio la riforma protestante e la scoperta dell’America da parte di Colombo. Perciò si creò un ambiente adatto, nel quale fosse possibile mettere in discussione la dottrina scientifica. Il desiderio di controllare le verità fino ad allora indiscutibili e cercare le risposte per le nuove domande che ne sorsero, produsse un periodo di grandi avanzamenti scientifici, noto come rivoluzione scientifica e prima tappa verso scienza moderna citata all’inizio. Si svilupparono, a partire da questo periodo, le basi del metodo scientifico: il nuovo modo di pensare metteva l’accento sulla sperimentazione, sulla ragione calcolante e dando nuovo significato alla “scienza”, vista non più come il complesso di conoscenze ottenute dall’esperienza.

Durante il XIX secolo emersero personalità che, professavano di essere veri e propri professionisti della scienza. Per esempio nel 1800 John Dalton, che elaborò una teoria scientifica che dimostrava come la materia dovesse essere costituita da particelle elementari che si combinavano e si dividevano per formare ogni sostanza dell’universo. In omaggio ai due filosofi greci, Dalton chiamò questa particella, atomo. L’atomo non era più un’idea filosofica, ma una entità materiale reale.

Nel 1897, il fisico inglese J.J. Thomson condusse un esperimento sulle proprietà elettriche della materia e tra quelli più famosi si ricordano quelli in cui vennero utilizzati i tubi a raggi catodici. Inaspettatamente lo scienziato scoprì che la materia era formata da particelle cariche negativamente. Thomson chiamò queste particelle elettroni. Basandosi inoltre sull’esperimento del 1866 di Eugen Goldstein, dimostrò l’esistenza di una particella di carica positiva è la chiamò protone. Nasceva il primo modello atomico, detto “atomo a panettone”.

Nel 1911 Ernest Rutherford si accorse che il modello di Thomson non era corretto: l’atomo era sostanzialmente vuoto, con un nucleo positivo di protoni e una zona esterna in cui orbitavano gli elettroni, un piccolo sistema solare, da cui il nome di ‘modello atomico planetario’.

Nel 1912 Niels Bohr applicò una innovativa teoria elaborata da Max Plank, i quanti di energia, al suo modello atomico. Era nata la fisica quantistica.

Nel 1925, il fisico tedesco Werner Heisenberg elaborò una sua teoria considerando l’elettrone come una particella e le soluzioni dell’equazione che aveva elaborato definivano una zona attorno al nucleo dove la probabilità di trovare l’elettrone era massima. Nacque così l’orbitale.

Come ben si vede, durante il XIX secolo emersero personalità che, professavano di essere veri e propri professionisti della scienza, come anche nel XX secolo e fino ai giorni nostri.

Caterina Palmeri

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