Spesso pensiamo alla memoria come una sorta di archivio, dove sono stipati i nostri ricordi che riemergono, o meglio, che andiamo a ripescare quando ne abbiamo bisogno o voglia. In realtà non esiste nessun archivio e non esiste nessuna fotografia di eventi passati, e non è neanche vero come spesso siamo portati a pensare che la memoria scorra dal passato al presente: è vero proprio l’inverso.
Così introduce il professore Silvano Tagliagambe, Filosofo di Scienza, il tema della memoria collegato irrimediabilmente a quello dei ricordi. Secondo il docente infatti, i ricordi sono dei semplici fogli scritti in un passato più o meno lontano, riposti nella nostra mente ma che riemergono a seconda di fatti o circostanze presenti, e che a quel punto noi carichiamo di nuovi significati e nuove tonalità emotive. Per questo è inevitabile ed indispensabile che i ricordi vengano piano piano re-categorizzati in modo da evitare la loro totale sparizione dalla nostra memoria.
L’importante è che i ricordi cambino e assumano sfumature sempre diverse, senza essere mai seppelliti per alcun motivo nel passato, creando di conseguenza malessere interiore o addirittura quello che viene definito oblio. Esso rappresenta proprio la dimenticanza intesa come fenomeno non temporaneo, come stato più o meno duraturo, come sospensione del ricordo con un particolare accento sullo stato di abbandono del pensiero e del sentimento.
Il tema dell’oblio è rintracciabile nella storia della filosofia a partire da Platone, il quale fonda interamente la sua dottrina sul concetto di anamnesi o reminiscenza delle idee. Parlando invece in termini scientifici, è collegato ad alcune funzioni specifiche della memoria, intesa come capacità, o meglio, come funzione psichica volta all’assimilazione, alla ritenzione e al richiamo di informazioni apprese durante l’esperienza o per via sensoriale, sotto forma di ricordo.
Sigmund Freud identifica l’oblio come una delle facoltà difensive della mente umana che tende a rimuovere contenuti mnemonici e pensieri ritenuti minacciosi, i quali rimangono inconsci e repressi; mentre secondo Tulving (1974) esistono due tipi di oblio: l’oblio traccia dipendente e l’oblio suggerimento dipendente. Il primo, in cui l’informazione non è più presente nella memoria, e il secondo in cui l’informazione si trova ancora nella memoria, ma non è accessibile. Quest’ultimo tipo di oblio è stato dimostrato anche in caso di suggerimenti interni, come ad esempio, lo stato d’animo. Le informazioni relative a quest’ultimo vengono spesso immagazzinate nelle tracce mnestiche e si verifica un oblio maggiore se lo stato d’animo al momento della rievocazione è diverso.
In sintesi, è essenziale persistere nell’alimentare i ricordi di emozioni e significati sempre nuovi in modo da non rimuoverli, perché molto importanti a livello personale ma anche a livello storico-sociale: essi infatti permettono di non commettere gli stessi errori già avvenuti nel passato. Esempio lampante ne è l’olocausto, tema molto divergente sia tra i negazionisti, che negano eventi storici con una notevole importanza come questo, sia tra i moralisti.
I ricordi però vengono spesso utilizzati per tramandare azioni e fatti puramente negativi: al contrario, dovremmo imparare a sfruttarli nelle loro intere potenzialità come per divulgare eventi caratterizzati da un’influenza positiva.
Per concludere sarebbe corretto e giusto che in futuro le persone ricordino i giorni a noi presenti, come noi manteniamo vitali nella coscienza quelli passati, in modo da trasmettere in un loop, si spera, infinito generazione dopo generazione concetti rilevanti sia per ciò che riguarda l’individuo sia per l’andamento della società.
Lara Scuttari