L’atomo è la più piccola frazione di un elemento in grado di conservarne le caratteristiche chimiche e fisiche. E’ una struttura complessa costituita da diversi tipi di particelle: protoni (che portano carica positiva), neutroni (elettricamente neutri), elettroni (che portano carica negativa). Protoni e neutroni, formati a loro volta da particelle elementari dette quark, sono riuniti nel nucleo, intorno al quale sono distribuiti gli elettroni.
Il diverso numero di protoni nel nucleo caratterizza i differenti elementi: tale numero è detto numero atomico; il numero di nucleoni (la somme del numero dei protoni e neutroni) è definito invece numero di massa (o massa atomica o peso atomico).
In un atomo elettricamente neutro il numero di protoni e neutroni è uguale, gli elettroni però possono essere in parte perduti o acquistati da un atomo nel corso di una reazione chimica; in tal caso si forma rispettivamente, uno ione positivo o catione e uno ione negativo o anione, ma l’individualità chimica dell’atomo rimane inalterata.
INTRODUZIONE
La storia dell’atomo è molto complessa e piena di teorie che contraddicono altre teorie, scienziati che discutono su quale visione sia quella giusta e su chi abbia ragione. In questo testo io vorrei provare a raccontare la storia dell’atomo in maniera un po’ alternativa e non come fanno tutti spiegando anno per anno cosa è successo. Il rischio in questo caso è però quello di imbottire ben bene il lettore di interpretazioni che, per quanto affascinanti, hanno ormai solo valore sul piano storico.
STORIA DELL’ATOMO
In primo luogo bisogna specificare che gli atomi esistono. Sembra un’affermazione da niente, ma l’umanità ha passato più di duemila anni a cercare prove della loro esistenza. Capita talvolta nella storia dell’uomo che l’intuizione filosofica precorra i tempi della scoperta scientifica, a volte di parecchi secoli. La parola “atomo”, che deriva dal greco átomos, “indivisibile”, fu introdotta dal filosofo greco Leucippo per
definire le entità elementari, indistruttibili e indivisibili, di cui egli riteneva che fosse costituita la materia; già gli antichi Greci erano a conoscenza che, strofinando con della lana un pezzo di ambra, questi riusciva ad attirare a sé piccoli oggetti leggeri come semi, capelli o piume. Intorno al 500 a.C. l’allievo Democrito, formulò una teoria filosofica sulla struttura del creato chiedendosi quante volte la materia si sarebbe potuta dividere a metà, disse che gli atomi erano la particella più piccola esistente. Per più di 2000 anni, grazie anche all’ influsso delle teorie di Aristotele basate sui quattro elementi, nessuno indagò più sulla struttura della materia e l’idea di atomo venne abbandonata. Questo è uno dei periodi storici in cui l’atomo è stato dimenticato, per poi essere ripreso in seguito. Nel 1800 circa, un chimico inglese, John Dalton, basandosi sulle sue ricerche e sulle conclusioni di altri suoi due colleghi: Lavoisier e Proust, elaborò una teoria scientifica che dimostrava come la materia dovesse essere costituita da particelle elementari e indivisibili che si combinavano e si dividevano per formare ogni sostanza dell’universo. In omaggio ai due filosofi greci, Dalton chiamò questa particella: atomo. L’atomo non era più un’idea filosofica, ma una entità materiale reale. Il primo modello atomico fu introdotto da Thomson e fu chiamato atomo a panettone: lui aveva scoperto che esistevano delle particelle cariche negativamente e quindi ha dedotto che dovevano esistere anche delle particelle cariche positivamente, però immaginava che le particelle fossero sparse in modo casuale in giro per l’atomo. Successivamente Rutherford capì con degli esperimenti che la teoria precedente non era corretta e indagò più a fondo sulla struttura dell’atomo, elaborando una sua teoria secondo la quale l’atomo aveva un nucleo carico positivamente e le particelle negative gli orbitavano attorno, come nel sistema solare, si capì dopo poco che anche questa teoria era sbagliata dato che in un sistema come questo gli elettroni dovrebbero perdere energia e cadere sul nucleo. Bohr successivamente, capendo che il modello precedente era sbagliato e grazie a degli studi di Plank che ipotizzavano che l’Energia era emessa in pacchetti chiamati quanti di Energia creò una teoria secondo la quale l’elettrone staziona su orbite ad una certa distanza dal nucleo e che esso può saltare da un’orbita all’altra solo se riceve il giusto quanto di energia. Purtroppo anche l’atomo di Bohr presentava qualche imperfezione che fu risolta dal fisico tedesco Sommerfeld che aggiustò il modello di Bohr introducendo l’idea che le orbite dovessero avere diverse forme e non dovessero essere necessariamente circolari, ma ellittiche. Il fisico tedesco Max Born basandosi sull’equazione di Schrodinger (meccanica ondulatoria) e ‘unendola’ con le conclusioni di Heisemberg (meccanica delle matrici) elabora la teoria dell’orbitale, un luogo dello spazio attorno al nucleo dove si può trovare l’elettrone. Dalle soluzioni risulta, inoltre, che gli orbitali hanno diverse forme e sono posizionati a distanze diverse attorno al nucleo. Ogni fisico scoprendo qualcosa di nuovo perfezionava il modello atomico prendente. Nell’anno successivo Heisenberg elaborò la sua più importante conclusione, il principio che da lui prende il nome: il principio di indeterminazione di Heisemberg. Questo principio dice che non è possibile conoscere con certezza assoluta dove sia e a che velocità vada l’elettrone intorno al nucleo. Questa conclusione si adattava perfettamente al concetto di orbitale. Finalmente nel 1932 il fisico inglese James Chadwick scopre che la massa mancante del nucleo dipenda dall’esistenza di una terza particella sub-atomica: il neutrone. Con questa scoperta si fa luce anche sulla differenza tra le masse degli stessi elementi: si scoprono gli ‘isotopi’.
Davide Cattafesta