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Tema per Festa della scienza e della filosofia: Le porte della Mente.

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Le malattie del corpo si curano con la mente. Le malattie della mente si curano con il corpo.” – detto latino

L’uomo sperimenta e utilizza la mente ma l’attività della stessa non viene rilevata dagli organi di senso.

L’uomo, infatti, attraverso la mente, pensa, immagina e ragiona tutto il giorno, ma non vede e non tocca i suoi pensieri, come non vede e non tocca quelli degli altri.

La mente utilizza come organo biologico il cervello, esso comunica con le altri parti dell’encefalo coordinandone il funzionamento. 

Il suo scopo è di immagazzinare informazioni recepite dagli organi di senso e di analizzarle in base alle informazioni acquisite e ai programmi mentali installati su di essa, con il fine di rendere consapevole l’individuo.

Oltre a questa funzione la mente può andare ad interrogare gli eventi passati e immaginare gli eventi futuri.

Altra caratteristica molto importante dell’apparato mentale è la sua velocità associativa, essa infatti associa di riflesso alla realtà percepita dagli organi di senso vecchie esperienze, informazioni e programmi mentali.

La  possibilità di utilizzare la mente in modo efficace è preclusa in presenza  di  disfunzionamenti a livello cerebrale, a loro volta causa di patologie neurologiche e/ o di disturbi psichiatrici.

Oggi le persone con disturbi mentali vengono prese in carico dal Sistema Sanitario Nazionale e seguite da strutture ad hoc e personale specializzato, mentre in  passato esse  venivano internate nei manicomi (dal greco mania “pazzia” e komeo “curare”). All’interno dei manicomi venivano adottate pratiche sedicenti curative, che in realtà erano vere e proprie violenze fisiche e psicologiche sul soggetto: dai salassi alle immersioni nell’acqua gelida, fino ad arrivare a trattamenti estremi come la lobotomia (l’asportazione o la revisione di lobi frontali della corteccia cerebrale) o l’elettroshock (l’induzione di convulsioni tramite brevissime scariche elettriche sul cervello). Tutto questo ha avuto l’effetto di disumanizzare il soggetto affetto da disturbi mentali, concentrando l’attenzione sulla “malattia” e dimenticando il “malato” nella sua globalità di corpo e anima.

La situazione cambiò grazie all’opera di un giovane medico italiano, Franco Basaglia che fu il promotore nel 1978 della legge n. 180 ( Legge Basaglia) che prevedeva la chiusura dei manicomi e la loro sostituzione con nuove strutture territoriali in cui fosse drasticamente ridotto il ricorso a metodi di contenimento fisico e soprattutto in cui si instaurassero nuovi e più umani rapporti con i malati.

La legge 180 viene definita “legge quadro”, vale a dire una normativa base che demanda alle Regioni la scelta delle misure da adottare per raggiungere l’obiettivo in oggetto. Al di là delle difficoltà iniziali, oggi sembra di poter affermare che abbiamo un netto miglioramento per le condizioni di vita dei pazienti psichiatrici. Nello specifico la legge 180, per quanto riguarda il reinserimento dei malati nella vita sociale dopo la chiusura dei manicomi, prevedeva per i  più giovani il loro graduale rientro nella famiglia d’origine e l’inserimento in percorsi specifici per  avviarli a un’attività lavorativa. 

I più anziani, che spesso non avevano la possibilità di ritornare a vivere presso i nuclei familiari di origine, che non esistevano più, venivano invece orientati verso strutture di accoglienza come le case-alloggio, dove si cercava di ricreare con gli ospiti un’atmosfera di vita il più possibile simile a quella familiare.

Inoltre, sempre secondo i principi della Legge Basaglia,  è fondamentale il ruolo dei cosiddetti educatori professionali: si tratta di nuove figure che operano, accanto al personale delle ASL, nei diversi centri socio-assistenziali sostituiti ai vecchi ospedali psichiatrici, offendo un approccio né medico né infermieristico. Gli educatori professionali hanno, infatti, il compito di instaurare con i malati una relazione.

Al suo ingresso nella struttura di accoglienza ogni nuovo ospite viene “preso in carico” da un educatore professionale, il quale diventa il suo punto di riferimento privilegiato nel percorso terapeutico-riabilitativo che verrà programmato per lui. 

Per concludere si citano le parole di Virginia Woolf la quale diceva: “Non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che potete regolare sulla libertà della mia mente.”

Realizzato da Chiara Coppola e Olsa Xholi del 4BS Liceo Properzio Assisi.

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