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Infinito

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Ci sono cose, come le stelle, che sono enormi o lontanissime se confrontate con gli oggetti
della vita quotidiana; altre che sono invece piccolissime come atomi e si possono vedere
solo con sofisticati microscopi o con l’immaginazione. Tuttavia, il ‘molto grande’ o il ‘molto
piccolo’ non raggiungono mai quella dimensione che chiamiamo infinito. Infinito significa
infatti “che non ha fine”. Ma che cos’è precisamente?
Diversi sono gli autori che hanno provato a rispondere a questa domanda tra cui Giacomo
Leopardi che descrive il suo concetto di illimitatezza nella sua poesia “L’infinito” con
termini come “orizzonti”, “interminati”, “sovrumani”, “profondissima”, “immensità”, “infinito”.
Per l’autore l’infinito è un’ avventura della mente per evadere dalla realtà, perché sprona a
scoprire ciò che non si conosce attraverso l’immaginazione. Il poeta all’interno della lirica è
sopra un colle e una siepe gli impedisce di vedere oltre. Grazie all’immaginazione il poeta
può percepire, può ipotizzare cosa c’è al di là dell’ostacolo rappresentato dalla siepe. Ciò
dimostra la grandezza della mente umana che, pur limitata, riesce ad accedere alla
dimensione dell’indefinito.
Un altro esponente è Escher, infatti la sua produzione che va dagli anni 1956 al 1970 è
definita “Periodo dell’Infinito”. L’artista era affascinato dall’idea dell’infinito; il suo sogno era
di renderlo visibile su di un foglio di carta. Esiste qualcosa di infinito oppure, come lo
scorrere ininterrotto dell’acqua nella cascata dipinta dall’artista olandese, l’infinito è solo
frutto di un inganno e non lo si può nemmeno immaginare? Un esempio è il “Limite del
cerchio III”: è una rappresentazione di uno spazio iperbolico. Poniamoci ora al centro del
disegno e supponiamo di voler camminare fino al bordo di esso. Mentre camminiamo ci
restringiamo sempre di più, proprio come accade ai pesci della figura. Per raggiungere il
bordo quindi dovremmo percorrere una distanza che ci sembrerà infinita, ma essendo
immersi in questo spazio non ci sembrerà subito ovvio che ci sia qualcosa di inusuale.
Il tema dell’infinito diventa concetto fondamentale anche nella filosofia di Cartesio,
secondo il quale la realtà naturale è costituita da una quantità di materia su cui Dio
applica il movimento per poter generare dei frammenti che la suddividono in tante parti.
Inoltre il filosofo identifica il concetto di infinito come fisico, in quanto la materia è un
blocco unico che si sposta distribuendosi nello spazio. Infatti egli dimostra che l’intera
realtà delle cose, cioè Res extensa, è originata da un processo divino che Dio stesso ha
creato. Ciò lo porta ad affermare che la sua esistenza può essere spiegata attraverso tre
prove: la prima è connessa all’idea di infinito, poiché Dio è sostanza indivisibile, eterna,
immutabile e la sua esistenza è prodotta da se stesso, in quanto non esistono altre forze
superiori a lui, mentre la seconda si basa sulla realtà dell’io pesante, in quanto l’uomo
soggetto finito deve comprendere che la causa della sua creazione è dovuta a Dio. Per
quanto riguarda la terza e ultima prova, Cartesio riprende il concetto di Dio come causa
della propria esistenza ed ente perfettissimo che esiste poiché il suo compito è quello di
produrre l’intera realtà.
Quindi la natura di Dio è infinita, dal momento che è senza limiti, non ha imperfezioni, è
eterna ed è ovunque; esistere nel tempo implica l’esistere un istante alla volta e, mentre
noi siamo costretti a vivere oggi, che non è né ieri né domani, Dio non ha un passato alle
spalle o un futuro davanti a sé, ma vive simultaneamente in eterno; non a caso lo
definiamo come “onnisciente” perché sa tutto e mai nulla lo coglie di sorpresa;
onnipotente, perché può ogni cosa e nessuno può fermare la sua volontà sovrana;
onnipresente, perché lui è ovunque ed è impossibile sfuggire alla sua presenza.

Autori: Chiola Ludovica, Del Rossi Giorgia, Di Renzo Helena e Marchionne Arianna – Classe IV A S.U. Liceo G.Marconi

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