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L’infinito è un concetto affascinante che si estende oltre i limiti della comprensione umana. In matematica il simbolo dell’infinito che conosciamo oggi fu scoperto per la prima volta dal matematico inglese John Wallis, nel 1655. È un concetto di matematica e fisica che si riferisce a una quantità senza limite o fine, una quantità più grande di qualsiasi numero. L’infinito è un concetto che affascina l’umanità da tempi immemorabili e la letteratura ne è stata spesso permeata; tra i maggiori interpreti dell’infinito in letteratura troviamo senz’altro Leopardi, con il suo componimento “L’infinito”. Il concetto di infinito nella poesia riflette la visione del poeta sulla natura umana ed esplora questo tema con grande intensità. Nel testo, Leopardi descrive un colle solitario e una siepe che limitano la vista dell’orizzonte. Tuttavia, la sua immaginazione va oltre questi confini fisici. Egli “si finge spazi interminati”, “silenzi sovrumani” e una “profondissima quiete”. Questo slancio verso l’infinito rappresenta il desiderio innato dell’uomo di superare le limitazioni terrene e di raggiungere qualcosa di più grande e duraturo.La poesia suggerisce che l’infinito non è solo una dimensione fisica ma anche un processo interiore. Il cuore di Leopardi è sul punto di smarrirsi di fronte a questa vastità. Il fruscio del vento tra le piante diventa un simbolo di questo silenzio infinito, che lo fa riflettere sull’eternità, sulle stagioni passate e sulla vita presente. Infine, il naufragio nel mare dell’infinito gli provoca una sensazione di dolcezza. Il concetto di infinito è affrontano anche in ambito filosofico; in particolare il filosofo tedesco Johann Gottlieb Fichte ha sviluppato un concetto intrigante riguardo all’infinità dell’Io. Fichte considerava l’Io come il principio massimo di tutta la conoscenza. Questo “Io penso” di Kant rappresentava una struttura formale del conoscere ma era limitato all’intuizione sensibile. Tuttavia, Fichte andò oltre: se l’Io è l’unico principio non solo formale, ma anche materiale del conoscere, allora l’Io non è solo finito, ma anche infinito. Secondo Fichte, l’Io non solo pensa l’attività oggettiva, ma produce anche la stessa realtà del contenuto materiale. L’infinità dell’Io va oltre il finito, essendo il principio primo, tutto esiste nell’Io e per l’Io. Fichte afferma che l’Io è l’unico principio, sia formale che materiale, e produce il materiale sensibile, non solo dà forma alla realtà, ma è la realtà stessa. L’infinito, inoltre, è stato rappresentato anche da molti artisti nelle loro opere tra questi vi è Escher, il quale era affascinato dall’idea dell’infinito. Le sue opere spesso esplorano l’infinito attraverso l’uso di illusioni ottiche e geometrie impossibili; una delle sue opere più famose è “mani che disegnano”. La famosa opera di Escher rappresenta una tavola da disegno su cui poggia un foglio raffigurante due mani, ognuna impegnata a disegnare l’altra. L’effetto visivo è un enigma irrisolvibile: quale delle due mani disegna l’altra? Viene spontaneo chiederselo e, pur tentando di identificarsi con il disegnatore, diventa impossibile trovare una risposta-soluzione. Il paradosso grafico rimanda a un grande interrogativo relativo al sottile confine tra oggettività e soggettività: dove finisce la prima ed inizia la seconda? L’opera simboleggia esattamente questo rompicapo. In conclusione, l’infinito è un concetto che ci sfida a pensare oltre i confini della nostra esperienza quotidiana. È un invito a esplorare l’ignoto e a cercare significati più profondi.

Autori: Benedetta Giansante, Angelica D’Ettorre – 4A scienze umane Liceo Marconi, Pescara

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