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Le sfumature dell’infinito

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L’infinito è uno dei concetti più affascinanti e complessi che l’umanità abbia mai trattato, è stato affrontato da molti pensatori spesso attribuendo varie sfumature al significato principale. Il concetto di infinito si riferisce a qualcosa che non ha limiti o confini, che non ha un termine o una fine definita. Le prime tracce di pensiero sull’infinito risalgono ai filosofi antichi come i greci. Ad esempio, i presocratici, come Anassimandro, Teeteto e Parmenide, esplorarono il concetto di infinito. Tuttavia, è con i filosofi come Platone e Aristotele che il concetto iniziò a ricevere una riflessione più strutturata fino ad arrivare alla corrente dell’idealismo con autori come Fichte, il quale sviluppò il suo pensiero nel contesto delle idee di Immanuel Kant, cercando di superare alcune delle limitazioni percepite nella filosofia kantiana. Per Fichte, l’infinito è associato all’assoluto, e la sua concezione dell’assoluto è strettamente collegata al concetto di “Io” o “Sé Assoluto”, l’infinito in Fichte può essere considerato come l’assoluto in cui l’Io si realizza pienamente. L’Io, nella sua attività autodeterminante, cerca di superare ogni limitazione e raggiungere un’autorealizzazione infinita. In questo processo, Fichte considera che l’Io si avvicini all’infinito, superando continuamente sé stesso attraverso il proprio atto di autocoscienza. In un linguaggio matematico, l’infinito è pensato come infinito potenziale, cioè come possibilità di ripetere una procedura quante volte si vuole. Non si poteva pensare oggetti matematici con un numero di elementi senza fine, si negava che si potesse esserci una realtà infinita, o per meglio dire, un infinito attuale, mentre veniva accettata una forma di infinito in divenire. L’infinito, inteso come infinito attuale, viene finalmente accettato con la nascita della teoria degli insiemi, dovuta a Georg Cantor, e in particolare con la sua teoria dei numeri cardinali. Se l’infinito potenziale aveva generato fin dall’antichità dei paradossi (ricordiamo quello di Achille e la tartaruga di Zenone), risolti dalla matematica, l’infinito attuale generò paradossi e antinomie ancora più radicali. Per esempio i punti di un segmento, anche piccolo, sono tanti quanti i punti di una semiretta. A questi paradossi, noti come paradossi dell’infinito, anche Cantor stentò a credere tanto che in una lettera a Dedekind scrisse:”Lo vedo, ma non lo credo”. In poesia il concetto di infinito viene analizzato da molti, in particolare da Leopardi che lo esplora in diversi contesti, sia filosofici che poetici, offrendo una varietà di prospettive e interpretazioni: per esempio, considera l’infinito come astratto e non esistente, infatti nello “Zibaldone” afferma che “L’infinito è un’idea, un sogno, non una realtà […]. Pare che solamente quello che non esiste, la negazione dell’essere, il niente, possa essere senza limiti, e che l’infinito venga in sostanza a esser lo stesso che il nulla. Pare soprattutto che l’individualità dell’esistenza importi naturalmente una qualsivoglia circoscrizione, di modo che l’infinito non ammetta individualità e questi due termini sieno contraddittorii; quindi non si possa supporre un ente individuo che non abbia limiti.” Per lui l’uomo ha una sete insaziabile di felicità che si manifesta in ogni attività, ma quel desiderio di piacere infinito non può essere soddisfatto da nessun piacere finito, quali sono quelli che offre la vita reale. A causa di ciò l’uomo è condannato a una condizione di angoscia, che Leopardi chiama «noia», caratterizzata dal vuoto esistenziale e dalla perdita di contatto con gli impulsi vitali. Il XIX secolo non ha prodotto solo poesie ma anche quadri e opere che potremmo definire “senza tempo” o durature, capaci di far vivere emozioni simili a distanza di generazioni e secoli. Un grandissimo esempio di queste opere che portano al pensiero di infinito e “Luna nascente sul mare” di Friedrich: i 3 soggetti dipinti siedono su di uno scoglio in una delle tante sere dove la luna rende chiaro ciò che non potremmo vedere. Questa posizione per Friedrich rappresenta come dobbiamo guardare oltre e guardare spazi ampi e infiniti. Il chiaroscuro evidente fa risaltare la luna mentre illumina il mare dandoci una sensazione di sollievo.

Autori: Ilaria Pattara e Federica Di Paolo – 4A S.U, liceo Marconi, Pescara

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