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L’INFINITO DI ARISTOTELE

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L’infinito è un concetto che affascina sia la filosofia che la matematica, spingendo gli studiosi a esplorare i suoi significati e le sue implicazioni. In filosofia, l’infinito rappresenta l’idea di qualcosa che è senza limiti, che supera le barriere della comprensione umana. Gli antichi filosofi come Platone e Aristotele discutevano dell’infinito come un concetto astratto e trascendente, mentre per filosofi più moderni come Kant e Hegel, l’infinito era collegato alla struttura stessa dell’universo e della coscienza umana. In matematica, l’infinito assume una connotazione più precisa e rigorosa. Dal punto di vista matematico, l’infinito può essere considerato come una quantità senza fine, una dimensione che non può essere misurata o compresa completamente. L’infinito è presente in diversi contesti matematici, come ad esempio nella teoria degli insiemi, dove si discute della cardinalità degli insiemi infiniti, e nel calcolo, dove si lavora con concetti come le serie infinite e i limiti infiniti. Tuttavia, l’infinito può anche essere un concetto problematico, poiché solleva questioni di coerenza e completezza all’interno dei sistemi matematici e filosofici. Ad esempio, la nozione di “infinitesimo” ha portato a dibattiti accesi nella storia della matematica riguardo alla sua validità e alla sua applicabilità. Allo stesso modo, in filosofia, l’idea di un infinito assoluto può generare dubbi sulla nostra capacità di comprendere veramente la totalità dell’universo. In definitiva, l’infinito rimane un concetto intrigante che continua a stimolare il pensiero umano, sia nella filosofia che nella matematica, sfidandoci a esplorare i confini della conoscenza e della comprensione. E’ risaputo che la visione greca del mondo fosse basata su concetti come l’armonia, la proporzione, l’equilibrio, la perfezione, la determinatezza e la razionalità; questa visione rende quindi particolarmente problematici l’accettazione e l’utilizzo del concetto di infinito. La parola greca per infinito, apeiron, e cioè, letteralmente, senza limite, ha un costrutto tipicamente negativo (la lettera iniziale a- nega ciò che segue), con un senso di senza forma, senza definizione. Per trattare questo concetto i greci hanno preferito adottarne due diverse concezioni: quella “potenziale” e quella “attuale”. Questa distinzione si deve in primo luogo ad Aristotele: l’infinito attuale è qualcosa di completo e compiuto, costituito da infiniti elementi, in contrapposizione all’infinito potenziale che è qualcosa di non completo a cui possono essere sempre aggiunti elementi ma in numero finito. Si avrà poi un rifiuto del concetto di infinito attuale, mentre una accettazione del concetto di infinito potenziale come processo di ecceterazione (cioè come possibilità di “andare sempre oltre”, ma facendo passi “finiti”). Facciamo un esempio; l’insieme dei numeri naturali era considerato un infinito potenziale, infatti fissato qualsiasi numero naturale ne posso sempre trovare uno maggiore di esso (basta aggiungere 1) ma non posso coglierne il senso in toto, cioè non posso parlarne come di un infinito attuale. Queste concezioni di infinito furono concepite anche per superare le difficoltà poste da alcuni ben noti problemi, che non tardarono ad emergere e che ora esamineremo; tratteremo del problema dei segmenti incommensurabili, scoperti dai Pitagorici, dei paradossi di Zenone e del problema della rettificazione del cerchio.

Autori: Belardi Edoardo, Codignoni PietroPaolo, Fioriti Tommaso, Martinangeli Nicola, Rosi Michelangelo, Sebastiani Tommaso, Tognoloni Nicola – 3CLS, Liceo Scientifico Polo Mazzatinti di Gubbio

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