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IL CONCETTO DI “SALVEZZA” IN AGOSTINO E LUTERO

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Il concetto di “salvezza” è stato sempre oggetto di complessi interrogativi, infatti ci si è sempre chiesti se la grazia divina sia un fattore determinante per l’uomo o non piuttosto concomitante.
Due le posizioni teologiche a riguardo, che trovano espressione nei concetti di:
• “grazia determinante”, conferita all’uomo soltanto da Dio che lo rende giusto indipendentemente dalle “opere”;
• “grazia concomitante o cooperante”, “ quella che agisce «in noi e con noi», venendo in aiuto alla volontà umana quando essa ha già consentito alla grazia preveniente (o operante)” (dizionario Treccani). In questo caso l’uomo si salva per la fede e per le opere, contribuendo alla sua salvezza attraverso testimonianze concrete.
Questa duplice prospettiva è bene interpretata dai filosofi che hanno vissuto, con trasporto esistenziale, la questione di fede.
Martin Lutero (1483-1546), il fondatore del movimento protestante, fu un frate agostiniano e di Agostino riprese la metafisica dell’interiorità. La fede diventa sostanza di vita e di pensiero; il tema della salvezza lo vede esistenzialmente coinvolto. Come in Agostino la lettura di San Paolo fu determinante per apprendere il senso della fede, della grazia, del Cristo redentore, allo stesso modo per Lutero la “Lettera ai Romani” di San Paolo, sarà l’occasione per intendere la giustificazione per fede come l’opera di Dio. Parlare di giustificazione per fede significa essere resi giusti davanti al Creatore per la nostra fede. Tutti nasciamo come peccatori e continuiamo ad esserlo, la differenza è tra chi ha fede e chi non ne ha. Soltanto questa ci permette di essere perdonati e, di conseguenza, salvati da Dio. A nulla valgono le “opere”. La fede “giustifica senza opera alcuna”. Come potrebbe infatti l’uomo, creatura fatta “dal niente”, fare qualcosa di buono che valga agli occhi di Dio? Le opere buone possono essere la conseguenza della fede ma non realizzano la “rinascita” richiesta dal Vangelo. La fede ha come unico ed indistruttibile fondamento la Parola di Dio. Lutero ha fatto suo il concetto di “grazia determinante”. Questa dottrina gli permette di elaborare tre fondamentali principi che caratterizzano la sua teologia:
1. avendo Adamo commesso il peccato originale (peccato di superbia), tutti i suoi discendenti sono incapaci di compiere il bene e di distinguerlo dal male; la sua volontà è “serva”;
2. la giustificazione assolve il peccatore dal peccato e lo proclama giusto;
3. la fede è il simbolo della giustificazione e solo essa conduce alla salvezza, che è dono gratuito.

Aurelio Agostino di Ippona (354-430), filosofo e Padre della Chiesa cristiana, elabora una concezione di “salvezza” più articolata e complessa. Se Lutero toglie qualsiasi valore ad una ricerca razionale autonoma, considerando la filosofia vana sofisticheria, Agostino considera fede e ragione assolutamente complementari. Se Lutero, nella sua visione pessimistica della natura umana, invita a “disperare di sé” affidandosi completamente e unicamente alla fede come unica via di salvezza, Agostino non nega il libero arbitrio. Secondo il Padre della Chiesa, come riassume Gilson “due condizioni sono richieste per fare il bene: un dono di Dio che è la grazia e il libero arbitrio […]. La grazia non ha l’effetto di sopprimere la volontà, ma di renderla buona, da cattiva che era diventata (dopo il peccato originale). Questo potere di usare bene del libero arbitrio è precisamente la libertà. La possibilità di fare il male è inseparabile dal libero arbitrio, ma poter non farlo è un contrassegno della libertà, e trovarsi confermati nella grazia al punto di non poter più fare il male è il grado supremo della libertà”. L’uomo mantiene dunque un ruolo importante. La grazia non sopprime la volontà.

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