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LA STORIA DELL’ATOMO E DELLA MATERIA

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Nonostante al giorno d’oggi sia opinione comune che la materia  sia oggetto di studio della fisica, bisogna ammettere che i primi a parlare di materia e persino di atomo furono gli antichi filosofi  greci, tant’è che svilupparono una vera e propria corrente denominata atomismo. Secondo questo   pensiero, tutta la realtà è costituita da atomi che si muovono incessantemente nel vuoto. Gli atomi sono particelle elementari, indivisibili, differenti tra loro solo per caratteristiche quantitative o oggettive (come forma, grandezza, ordine e  posizione), dotate di movimento eterno che è a esse congenito. L’incessante movimento porta gli atomi ad aggregarsi e a separarsi, dando luogo alla 10 nascita, alla trasformazione e alla morte di tutto ciò che esiste. È perciò importante, per una profonda comprensione della scienza moderna, ricercare fino a che punto essa può essere vista come la continuazione degli sforzi millenari mirati alla comprensione della natura e confrontare accuratamente i successi e gli insuccessi di questi tentativi. Nel corso dei secoli, gli scienziati    si sono basati principalmente sulle teorie degli antichi filosofi greci per 15 formulare le proprie e condurre       le loro ricerche. Quando parliamo di ricerca, ci riferiamo ai più importanti e ai più profondi contributi alla fisica, i quali modificano dalla base le nostre idee sulla struttura del mondo che ci circonda e sulle leggi che lo governano. L’incentivo verso l’attività sperimentale è quasi sempre determinato da un modello teorico, dalla ricerca di una risposta a una domanda formulata nell’ambito della teoria. Ma che cos’è una teoria? Una teoria scientifica è un tentativo di creazione di un immagine coerente della realtà che ci circonda. Essa abbraccia un insieme di fatti e di leggi sperimentali e vi pone ordine. La teoria si basa sull’esperienza, i cui dati la sostengono, ma i cui risultati possono contraddire le conseguenze che da essa si possono trarre. Lo sviluppo di ogni teoria mostra nel tempo piccole fessure che passano inavvertite all’epoca del trionfo della teoria, ma si sviluppano in seguito. E proprio nelle difficoltà e nei contrasti tra i risultati della teoria e della realtà, sono collocati gli elementi di un nuovo sviluppo; si crea la necessità della formulazione di nuovi principi, di nuove basi per la scienza e così, gli insuccessi di una teoria preparano il terreno per una nuova. Un perfetto esempio è l’evoluzione della teoria sul modello  dell’atomo; siamo partiti dal modello atomico di Thomson, che comprendeva una sfera carica positivamente, all’interno della quale si trovano, sparpagliate, le cariche negative (modello a panettone), per arrivare all’atomo di Bohr, il quale prevedeva che gli elettroni si muovessero su orbite quantizzate poste a distanze differenti dal nucleo. Nel 1866, Goldstein si era accorto che, nei gas rarefatti all’interno dei tubi di Crookes, si potevano osservare anche dei raggi che dall’anodo si dirigevano verso il catodo; questi raggi sembravano provenire dal gas e avere carica positiva e massa diversa a seconda del gas che veniva utilizzato. Goldstein intuì quindi che si trattava probabilmente di atomi che avevano perso elettroni e che quindi avevano assunto una carica positiva. A quel punto, fu necessario ipotizzare che all’interno dell’atomo ci fossero particelle portatrici di carica positiva. Nel 1914, il fisico Ernest Rutherford giunse alla conclusione che queste particelle a  carica positiva avevano massa pari a quella dell’atomo di idrogeno e nel 1920 le denominò protoni. Nel 1897 J. J. Tohmson stabilì che i raggi catodici sono formati da particelle dotate di carica negativa presenti negli atomi di tutti gli elementi. Tali particelle, di massa molto più piccola di qualsiasi atomo conosciuto, vennero chiamate elettroni. I neutroni furono, invece, individuati nel 1932 dal fisico inglese J: Chadwick: esse risultano privi di carica e dotate di una massa circa uguale a quella del protone. Il modello atomica attuale è quindi il risultato di molteplici studi e sperimentazioni che considerano l’atomo costituito da un nucleo, che comprende protoni (carica positiva) e neutroni (carica neutra), circondato da una nuvola di elettroni (carica negativa) disposti su orbitali.Infine, intorno al 1926, il fisico austriaco Erwin Schrödinger impostò e risolse una equazione matematica che descrive il comportamento dell’elettrone dell’atomo di idrogeno, tenendo conto dei nuovi risultati sperimentali e dei calcoli che non si adattavano al modello atomico di Bohr. Da Mazza Rossella, classe III E, liceo scientifico Evangelista Torricelli – Bolzano questi studi scaturì il modello quanto-meccanico, il quale prevede l’elettrone come onda. Egli descrisse ne descrisse il comportamento tramite le soluzioni della sua equazione (funzioni d’onda)la quale rappresenta la posizione dell’elettrone in termini probabilistici: ogni singola funzione d’onda (orbitale) ci dice qual è la probabilità che un elettrone di data energia si trovi in un punto dello spazio attorno al nucleo piuttosto che in un altro. Ogni orbitale possiede una forma caratteristica e una certa forma e un certo contenuto di energia,  definiti da una serie di parametri chiamati “numeri quantici”:

  • numero quantico principale (n) = indica il livello energetico dell’orbitale;
  • numero quantico angolare (l) = indica, grossolanamente, la forma geometrica tridimensionale dell’orbitale;
  • numero quantico magnetico (m) = dà un’indicazione dei possibili orientamenti dell’orbitale; numero quantico di spin (ms) = tiene conto della rotazione di un elettrone su sé stesso in entrambi i versi.Nel corso della storia, quindi, fallimento e vicoli ciechi hanno accompagnato le grandi scoperte, essendo spesso il punto di partenza di queste ultime. È perciò importante capire che la scienza non è fatta solo da successi, ma anche da cadute e falsi risultati.

Mazza Rossella

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