Egregio Signor Tartabini Angelo , ho deciso di trattare il suo tema perché è molto interessante. Ho fatto alcune ricerche sul caso e ho potuto constatare che gli animali hanno una percezione della morte ben differente rispetto a noi uomini. Gli etologi ritengono che gli animali non abbiano coscienza Del loro destino di morte, mentre l’uomo ha questa consapevolezza che gli procura angoscia. La domanda che molti studiosi si pongono è se noi uomini conosciamo la morte perché la constatiamo sui nostri simili o perché è insita in dei circuiti nella nostra mente. Studi recenti, condotti in collaborazione con l’ università di Pisa,dimostrano che esiste un’ area, il giro temporale medio posteriore, che è selettiva. Quest’ area quindi controlla il nostro senso di finitudine. Attiviamo quest’ area celebrale per quei verbi che Esprimono verbi che sussistono soltanto se hanno una dimensione Spazio temporale dei confini precisi, come il nostro ciclo di vita. L’ essere umano è quindi capace sin dai primi anni di vita Di dare dei confini ad un evento. Perciò l’ uomo per natura è in grado di comprendere Che la vita ha un inizio e una fine . Per quanto riguarda invece gli animali , possiamo Affermare che siano in grado di percepire il pericolo immanente attraverso dei segnali, come lo stress o l’ odore del sangue dei loro simili, quindi proprio come noi uomini hanno paura della morte. Pertanto la differenza tra uomini e animali è che gli Uomini passano tutta la vita a temere la morte, mentre la consapevolezza della morte negli animali arriva solamente nel momento della morte stessa. Alcune ricerche hanno però dimostrato che gli unici Animali in grado di percepire la morte come noi uomini Sono gli scimpanzé , questi studi sono affascinanti e ci Permettono di constatare che i legami tra La mamma scimpanzé e il piccolo, esistono Ancora dopo la morte. Tuttavia sono ancora molte le informazioni da scoprire per quanto riguarda questo argomento, e spero che un giorno si possa arrivare a delle risposte certe.Cordiali saluti.
Letizia Odoardi
RISPOSTA:
Risposte per la studentessa Letizia Odoardi, Liceo Marconi, Pescara
E’ vero, gli animali, anche se non tutti, percepiscono la morte e, contrariamente a come si pensa, questa sensibilità non è diversa da quella umana, almeno nella qualità. Per molti animali si tratta di vivere uno stato mentale come quello dell’uomo, anche se meno complesso, meno duraturo nel tempo e con meno implicazioni culturali. In sostanza si tratta dello stesso fenomeno psicologico, vissuto in prima persona, soggettivo e che emerge dalle nostre attività corticali, quindi che sopravviene al fisico, proprio come la coscienza. Infatti, il senso della morte è uno stato della coscienza. In secondo luogo, non è vero che tutti gli etologi ritengono che gli animali non abbiano coscienza. Se non fossero coscienti, non saremmo qui a parlare del senso della morte o del senso del distacco negli animali. Abbiamo centinaia di esempi che dimostrano, soprattutto nei mammiferi superiori e nelle scimmie antropomorfe, che gli animali, anche se con sensibilità diverse, specie-specifiche, percepiscono la morte, il distacco di un compagno o di un figlio per sempre. Molte mamme di scimmia in questi casi, spesso restano accanto alla prole morta e se ne prendono cura come se fosse ancora in vita. La accudiscono, cercano di allattarla e le fanno la pulizia del pelo, cercano perfino di rianimarla. Questo vuol dire che la consapevolezza della morte negli animali non è che arrivi al momento della morte stessa (mentre gli esseri umani si assillano e angosciano per tutta la vita dall’idea del trapasso), ma che questa consapevolezza sia viva prima della scomparsa di qualcuno cui si vuole molto bene, per esempio di un figlio. Una madre ama e cura il proprio figlio fin dalla sua nascita e quindi il dolore per il distacco deriva principalmente dall’impossibilità di riversare tutte le cariche affettive verso colui che ha sempre amato, perché non può farlo più.
ANGELO TARTABINI