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Lettera aperta al dott. Andrea Grignolio

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Verità e bugie che circolano in rete: il caso dei vaccini

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Vaccinarsi: diritto individuale o dovere collettivo?

Negli ultimi tempi mi è capitato di leggere su internet, e in particolare sui social network, un acceso dibattito intorno all’uso dei vaccini: mi pare che si stia diffondendo un atteggiamento di perplessità e in qualche caso di diffidenza da parte di alcuni genitori rispetto all’obbligo di vaccinare i propri figli.

In particolare, alcuni sono convinti che il vaccino possa provocare pericolosi effetti collaterali negativi, come ad esempio l’autismo, e perciò sono contrari. A causa di queste preoccupazioni, sul web sono nati molti blog e siti che propagandano queste idee, alimentando allarmismo e confusione.

Ho cercato di informarmi e mi pare di aver capito che tali preoccupazioni si basano prevalentemente su studi, come quello di Andrew Wakefield, che sono stati smentiti dalla comunità scientifica e quindi ritenuti non affidabili.

Tuttavia, considerata la grande quantità e varietà di informazione che si può trovare in rete, secondo lei come può fare un cittadino che non ha particolari competenze scientifiche a distinguere le fonti affidabili a riguardo?

Fino a qualche decennio fa uno degli ostacoli principali alla diffusione delle vaccinazioni poteva essere la carenza di informazioni: le persone erano mediamente meno istruite di oggi e, quindi, avevano più difficoltà nel comprendere l’utilità del vaccino. Oggi invece, paradossalmente, l’ostacolo potrebbe essere rappresentato, all’opposto, da un eccesso di informazioni contrastanti che, nonostante il maggior livello di istruzione, rende difficile orientarsi dentro questo gran “rumore di fondo”.

L’altro aspetto su cui mi piacerebbe avere un suo parere è di carattere più generale e riguarda come conciliare la tutela della libertà individuale con gli aspetti di sanità pubblica. In altri termini, la decisione di rifiutare il vaccino obbligatorio può sembrare, a prima vista, un diritto individuale, che però si scontra con l’esigenza di tutelare la popolazione.

Come succede per altri temi che hanno una rilevanza sanitaria, come ad esempio il fumo e l’alcool, un errato comportamento del singolo può avere ricadute (economiche e sanitarie) molto pesanti per il resto della collettività.

 

Samuele Casavecchia

Caro Samuele,

ti proporrei di darci del tu, sperando di trovarti d’accordo.

Nella tua bella lettera (scritta in  buon italiano e molto chiara, un fatto non marginale, su cui tornerò oltre) tocchi due punti centrali del complesso dibattito sui vaccini.

Complimenti.

Rispondo alle tue domande seguendo l’ordine in cui me le hai poste, e quindi parto dal primo punto, quello che si interroga sulle credenze e timori contro le vaccinazioni causate dalla disinformazione del web e dalla complessità dell’argomento.

Le paure odierne contro le vaccinazioni si basano principalmente su due paure, ovvero che i vaccini provochino l’autismo e che indeboliscano il sistema immunitario. Sono paure infondate, basate su informazioni false. In particolare, la prima trae origine, come tu accenni, da uno studio di un medico, Wakefield, che ha commesso una frode deliberata, ha cioè falsificato i dati delle sue ricerche —e per questo è stato radiato dall’ordine dei medici britannici e il suo studio è stato ritirato (tecnicamente si dice ritrattato) dalla rivista scientifica— tentando di dimostrare che il vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia causava l’autismo attraverso un’infiammazione del tratto digerente.

Wakefield, si è capito dopo una mirabile inchiesta giornalistica durata diversi anni a opera di Brian Deer, aveva un secondo fine al fondo della sua frode: diminuire la credibilità vendite del vaccino trivalente per poter vedere un proprio prodotto concorrente (il vaccino monovalente contro il morbillo e una kit per individuare alcune infezioni e alterazioni colitiche). Per quanto riguarda la seconda accusa, vi sono moltissimi studi che dimostrano che il sistema immunitario non venga affatto indebolito dai vaccini, ma anzi ne esca rinforzato.

Non solo, banalmente, perché chi è immunizzato contro infezioni potenzialmente letali è meno debole di chi è esposto a tali rischi, ma, più in generale, perché il sistema immunitario si è evoluto proprio per essere stimolato dalle aggressioni interne ed esterne (infezioni), in modo da produrre anticorpi specifici e quindi la memoria immunitaria —è stato dimostrato, ad esempio, che i bambini che crescono in ambienti troppo igienici tendono a sviluppare allergie e malattie autoimmuni, a riprova che semmai è proprio quando il sistema immunitario non è stimolato che possono sorgere problemi.

Perché non bastano questi studi a convincere i dubbiosi, ti chiederai?

Il web è senz’altro responsabile, ma non è l’unica spiegazione.

Certamente, un genitore che naviga su internet in cerca di informazioni viene spaventato: sulla rete, mediamente, siti, blog e social network contrari alla vaccinazioni sono più numerosi di quelli a favore. Oltre a notizie false e interpretazioni complottiste (che sono gli unici due problemi del web, che per il resto rimane uno strumento meraviglioso), si trovano informazioni contraddittorie, che oltretutto implicano rischi sanitari. Ecco il punto centrale. Il nostro cervello, caro Samuele, tende a sbagliare quando ragiona su informazioni rischiose e contraddittorie, che sono le informazioni tipiche che circolano sui vaccini.

Le neuroscienze e la psicologia evolutiva oggi ci confermano che l’homo sapiens non può essere elusivamente razionale perché il suo cervello è stato selezionato durante l’evoluzione per sviluppare comportamenti e ragionamenti intuitivi che gli erano utili nel contesto di vita ostile in cui si è trovato per millenni. Questi adattamenti utili nel passato sono oggi causa di sistematiche distorsioni del giudizio (bias cognitivi). Le pressioni ambientali evolutive hanno infatti selezionato il nostro cervello per fuggire dai predatori, cooperare per la caccia e la cura della prole, interagire con un gruppi ristretti e gerarchici di individui (struttura tribale), competere con bande rivali e prendere decisioni a breve termine su dati poco complessi. Quello stesso cervello è oggi  ‘cablato’ a un corpo che non ha più problemi di sopravvivenza o di cibo, vive in metropoli non suddivise in caste, prende decisioni a lungo o lunghissimo termine estremamente complicate e deve gestire un immenso sovraccarico informativo, nel quale subentrano, come accennavo, anche informazioni rischiose, contraddittorie e manipolate, come il caso emblematico dei vaccini. Gestire la complessità delle informazioni attuali con un cervello adattatosi nella savana del pleistocene è come montare un software moderno (ad esempio window7) su un vecchio hardware (ad esempio il Commodore64) dei primi anni Ottanta: il rischio che la macchina si ‘impalli’ è piuttosto probabile. Dobbiamo dunque dotare la nostra macchina cerebrale di nuovi strumenti per renderla capace di gestire programmi più complessi imposti dalla attuale società della conoscenza. È solo a questo punto che riesco a rispondere alla tua prima domanda, ovvero “come può fare un cittadino che non ha particolari competenze scientifiche a distinguere le fonti affidabili a riguardo?”

Un cittadino può orientarsi correttamente sui vaccini, così come su tanti diversi aspetti considerati dai non esperti come “controversi” —penso al cambiamento climatico, all’uso civile del nucleare, alle cellule staminali embrionali, agli Ogm—, innanzitutto ricorrendo alle fonti. Accanto ai dati falsati e ai blog cospirazionisti (quelli che credono, per intenderci, che i vaccini siano distribuiti dalle case farmaceutiche per diminuire la popolazione mondiale: un pensiero delirante e ridicolo allo stesso tempo), la rete per fortuna offre le fonti primarie delle ricerche, dove ci sono dati e prove incontrovertibili (tutte a favore delle vaccinazioni). Ma per capire dati e prove occorre essere andati a scuola e averla fatta bene. Tu, da quel poco che riesco a evincere dalla tua lettera, la stai facendo bene. Il tuo è un buon italiano, i tuoi pensieri sono espressi secondo una logica chiara, limpida, che mette cioè in sequenza i fatti. Voglio rassicurare un timore latente che mi è sembrato scorgere nella tua domanda: questo metodo o approccio è utile per distinguere fonti attendibili da cialtronerie, anche se non si è esperti del settore. E pensa che questi strumenti sono utili persino per i figli che, purtroppo, nascono in famiglie con un approccio antiscientifico o naturista che li spinge a rifiutare le vaccinazioni: alla lunga , quando cioè un figlio si emancipa dai valori familiari (giusti o sbagliati che siano, ovvero, fondati o meno su dati e prove anziché su opinioni o credenze soggettive dettate dalle mode), il metodo di ragionamento lo porterà a valutare liberamente, secondo ragione, e probabilmente a scegliere un farmaco come il vaccino che è una sorta di assicurazione a vita contro malattie infettive potenzialmente letali —(il vaccino comporta un rischio di reazione avversa seria, ma non la morte, in un caso su un milione o due, quando invece una qualsiasi aspirina o nocciolina —che non danno certo grandi benefici se comparati a vaccini— sono migliaia di volte più rischiose perché causano shock anafilattici e reazioni avverse con molta, molta più frequenza del vaccino. Per questo, dati alla mano, i vaccini sono i farmaci più efficaci (circa 98%), e con il miglior rapporto costi/benefici, al mondo, superando di gran lunga farmaci efficacissimi situati al secondo posto, come quelli contro la febbre reumatica e la malattia reumatica cardiaca, che raggiungono “solo” un’efficacia del 75%).

Oltre alle fonti/prove e alla buona scuola, vi sono precisi strumenti per arginare le connaturate distorsioni di giudizio umane, che come accennavo tra parentesi si chiamano “bias cognitivi”. Mi auguro che presto la scuola corra ai ripari per dotare la tua generazione di una moderna educazione al sapere del web e al conseguente sviluppo delle capacità logico-critiche del pensiero, che  sono l’unico strumento che vi potrà tenere a galla in questo mare magnum informativo. Se non acquisiremo nei prossimi decenni gli strumenti cognitivi per orientarci in questo dedalo informativo, metteremo a repentaglio lo sviluppo della società e, forse, la stessa tenuta democratica. Vi sono studiosi che hanno elaborato alcuni strumenti pensati per essere inseriti nei programmi didattici. Tra questi c’è l’australiano James Flynn, il più autorevole psicologo vivente dell’intelligenza. Nelle sue recenti ricerche Flynn si è occupato di analizzare quali fossero gli strumenti del pensare minimi da consegnare a un ragazzo per capire criticamente e apprezzare la modernità. Egli, in sostanza, ha analizzato quali sono i bias più frequenti che ci impediscono di capire la realtà odierna e quali sono gli strumenti cognitivi più razionali e critici necessari per superarli, attraverso i quali i futuri cittadini avranno la possibilità di fare scelte più efficaci e moralmente migliori, nell’interesse delle persone e della società. Per ottenere questo risultato, Flynn ritiene sia necessario insegnare nei licei e nelle università almeno venti “concetti-chiave”, ovvero: come funziona il mercato economico, come si costruisce un campione statistico, qual è la differenza tra correlazione e causazione, cos’è l’effetto placebo, capire cosa sia il criterio di falsificabilità, un gruppo di controllo, una percentuale, una proporzione e come evitare gli errori cognitivi e le fallacie logiche rappresentate dal relativismo, dall’antirealismo, dal finalismo (ne ho elencati solo alcuni).

Rispondo ora, più brevemente, alla tua seconda  domanda, ovvero “come conciliare la tutela della libertà individuale con gli aspetti di sanità pubblica”.

Vi sono Paesi che raccomandano le vaccinazioni, quelli che le incentivano e quelli che le considerano obbligatorie, perlopiù come certificazione richiesta per l’iscrizione scolastica. Il panorama mondiale riguardo all’obbligatorietà delle vaccinazioni pediatriche è estremamente eterogeneo e in tutti i Paesi occidentali, compresi quelli non occidentali con un medio sviluppo socio-economico, viene raggiunta una copertura sufficiente per ottenere l’immunità della popolazione (detta immunità di gregge). indipendentemente dall’obbligatorietà. Il contesto europeo è caratterizzato da un approccio bilanciato. Dei 27 membri EU, comprese l’Islanda e la Norvegia, 15 non hanno le vaccinazioni obbligatorie e 14 invece ne prevedono almeno una. Quella per la polio è obbligatoria per bambini e adulti in 12 Paesi, quella per tetano e difterite in 11, la vaccinazione per l’epatite B in 10.

Infine, la situazione italiana, centrata sull’obbligatorietà, è ispirata dalla Carta Costituzionale, e in particolare dall’articolo 32, che va letto attentamente, e soprattutto il secondo comma. Vediamolo. L’articolo 32 recita:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Generalmente, chi è contrario all’obbligatorietà della vaccinazione focalizza l’interpretazione sul “diritto dell’ individuo” per farlo prevalere rispetto all’interesse collettivo. Ma vi sono casi, diversi tra loro, che ci ricordano che se l’interesse generale è determinante il principio collettivo prevale. È il caso di alcune opere pubbliche essenziali come la costruzione delle autostrade che hanno la meglio addirittura sulle proprietà dei singoli (lo stato per questioni di utilità nazionale esercitare l’esproprio comprando la proprietà o terreni dei singoli per costruire un’opera pubblica). Oppure, per rimanere nel campo biomedico, si pensi al trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.), un atto di tipo medico e giuridico che ammette l’imposizione di determinati accertamenti e terapie a un soggetto tossicodipendente o affetto da gravi disturbi mentali —soggetti che almeno potenzialmente possono mettere a repentaglio la sicurezza di parenti e cittadini — basato su valutazioni di gravità clinica e di urgenza.

Poche altre cose come un’epidemia infettiva possono mettere a rischio l’“interesse della collettività”, ed è a ciò che si riferisce il secondo comma quando esso limita il “diritto dell’individuo” specificando che “per disposizione di legge” è possibile rendere “obbligato[rio] un determinato trattamento sanitario”. La cura di un soggetto affetto da malattie infettive diventa interesse collettivo e trasforma il “diritto” alla salute in “dovere” alla salute, come risulta evidente dal tipico caso della classe scolastica: la scelta di un genitore di non vaccinare il proprio figlio non è una scelta individuale di cui si può disporre in modo soggettivo, poiché tale scelta incide, aprendo la possibilità a infezioni letali, sulla salute collettiva dei compagni.

Perdona Samuele la lunghezza della mia risposta, ma volevo essere il più chiaro ed esaustivo possibile.

Spero di incontrarti a Foligno alla Festa della Scienza  per scambiare qualche chiacchiera di persona.

Un caro saluto.

Andrea

 

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