Un esempio di queste fake news: il programma “Le
lene” mette in circolo la notizia che Matteo Viviani avrebbe rubato in un hotel di lusso.
Matteo Viviani (giornalista de “le lene”) ruba in un hotel di lusso, ma è una fake news. È l’esperimento de “Le lene” in collaborazione con Mattia, un ragazzo ex produttore di bufale sul web, per dimostrare la facilità di mettere in rete notizie false. “Matteo Viviani, che figura! Prima ruba dall’albergo di lusso, poi attacca: ‘Lei non sa chi sono io”‘, è il titolo del falso articolo che viene pubblicato online.
La notizia viene postata nei commenti Facebook della pagina del programma e in altri contenitori sullo stesso social network. In meno di 24 ore almeno ?mila persone hanno visualizzato l’articolo. “Non c’è di mezzo la politica e non c’è razzismo”, spiega Mattia, due ragioni per le quali le visualizzazioni sono molte ma non raggiungono un pubblico ampio come altre fake news circolate sul web. L’articolo comunque viene letto anche dalla Germania e dalla Spagna. “Leccac**o”, “Che figura di m***a”, “Pezzente”, sono solo alcuni dei commenti degli haters postati su Facebook sotto all’articolo.
Ma non finisce qui: dalle fake news si può anche guadagnare. “Se la bufala viene letta da 500mila persone si possono fare anche 1500 euro in pochi giorni”, conclude Mattia.
Ma come è riuscito a costruire questa fake news?
Prima di tutto si sceglie il nome del sito che ospiterà la bufala e Mattia ha scelto “Stampalibera.info” che paga 26€ per nascondere i dati dell’intestatario del dominio per non fare sapere a nessuno chi ha scritto questa notizia.
Successivamente scrive delle frasi ad effetto con parole ben scelte così da creare un “alone di verità” intorno al sito.
A questo punto inizia la stesura della vera e propria notizia. Per rendere la notizia ancora più veritiera, cerca delle notizie di fatti realmente accaduti su internet. E infine una delle cose più importanti è quella di scrivere un titolo. Per rendere la notizia ancora più simile al reale, copia e incolla altri articoli di news nel sito.
L’ultimo passo è quello di condividere l’articolo su varie pagine e gruppi di Google, Facebook, lnstagram, … così da avere più visibilità. Alcune volte la notizia viene segnalata come spam, altre invece viene condivisa più e più volte. Dopo 24 ore questa notizia ha totalizzato 7000 visualizzazioni che per una buona bufala non sono molte. Infatti Mattia spiega che non ha ottenuto molto successo perché non vi è alcun riferimento alla politica, al razzismo e non c’è crudeltà.
Questo era un esperimento, ma si deve pensare ai “bufalari” che grazie ad un semplice nostro clic, guadagnano anche inserendo nel sito alcune pubblicità. Più entrate nel sito e più clic sulle pubblicità, più guadagno.
Concludendo Mattia ha mostrato alcuni accorgimenti che si devono fare per vedere se una notizia è vera o falsa:
1 il sito di provenienza della notizia
2 il titolo, che spesso fanno leva su paure comuni come razzismo o indignazione
3 se si ha ancora qualche dubbio, infine, basta ricercare su google la notizia e inserire vicino la parola “bufala”, se è una notizia fake si può capire dai primi risultati.